Salute

Pensiero Celeste: i bambini mai nati si fanno vivi su Facebook

Difficile pensare che qualcuno potesse indirettamente criticare iniziative fatte da associazioni quali Pensiero Celeste. Questa, oltre a varie iniziative sociali, aveva infatti avanzato una proposta di legge che aveva come scopo quello di permettere ai genitori di iscrivere ad un apposito registro i nati morti prima delle 28 settimane di eta’ gestazionale per cause naturali, errore medico o per interruzione volontaria terapeutica di gravidanza.

Indubbiamente si parla di un argomento particolarmente delicato, un dramma che spesso affligge molte famiglie e intorno al quale aleggia un vero e proprio tabù. Si pensava, visto che si lotta per un diritto sociale, ad un universale rispetto e sostegno dell’iniziativa, non è stato così.

L’associazione Pensiero Celeste ha dovuto, nella giornata di ieri, replicare alle affermazioni da parte della giornalista Maria Luisa Mastrogiovanni che, commentando la proposta di istituzione, mediante legge di iniziativa popolare, del registro dei bimbi mai nati nel comune di Lecce, ha dichiarato:

“Ecco fatto il recinto dei ###. Il ghetto dei figli ###.
Oppure dei mostri, dei diversi, di quelli che erano troppo deformi per condurre una vita normale”.

Non si capisce sinceramente se ci troviamo di fronte a un’iniziativa pubblicitaria, pertanto di pessimo e volgare gusto, o meno; si resta perplessi di fronte all’uso di simili espressioni avanzate da chi svolge un lavoro delicato quale è quello del giornalista.  Un’elemento fondamentale di qualsiasi paese democratico è quello del dialogo civile, senza attaccare con la violenza, fisica o verbale che sia, il prossimo. La giornalista ha peraltro completamente stravolto l’iniziativa che prevede di dare la possibilità alle coppie che hanno perso un figlio durante la gestazione di avere un tumulo per ricordarlo e una dignità del neonato morto, assistendo la famiglia nel trasporto del feto dalla Asl al luogo di sepoltura, un percorso che al momento non esiste neanche per le coppie che volessero fruire del servizio, nota bene, non si tratta di casi di interruzione volontaria della gravidanza effettuata nell’anonimato nei tempi previsti, ma di feti persi o abortiti dopo i tre mesi.

L’associazione ha reagito a simile comportamento con l’iniziativa #iononsonounfigliodiputtana.

Scopo dell’iniziativa è dare, come affermato dagli organizzatori, una voce sui Social Network a tutti i bimbi che sono stati offesi e per i quali l’Associazione si batte da anni. Il Presidente Andrea Napoli ha così commentato la vicenda:

“Da anni ci battiamo per aiutare chi come noi è stato vittima di nati-mortalità o ha dovuto subire un’interruzione volontaria di gravidanza a scopi terapeutici. Abbiamo sempre rispettato tutte le opinioni, anche quelle di chi non condivideva la nostra battaglia. Ci siamo sempre confrontati con toni pacati e accettato confronti costruttivi, consci della delicatezza dell’argomento e della possibilità di esprimere punti di vista diversi.”

Napoli è rimasto sconcertato dalla violenza di parole usate dalla giornalista per commentare il suo disappunto verso l’iniziativa promossa dal comune di Lecce. “Pur non avendoci direttamente nominati, ci siamo sentiti, a nome di tutti quei genitori, e soprattutto di quei bambini che vengono brutalmente definiti “figli di ###”, chiamati in causa.”

Secolo Trentino