Settant’anni fa, il 16 marzo 1945, nella sua casa di Parigi si dava volontariamente la morte uno dei più grandi scrittori francesi del XX secolo, Pierre Drieu La Rochelle che aveva deciso di non sopravvivere all’orgoglio della Collaborazione.
Poeta immaginifico della più grande Europa, lo scrittore di origine normanna, più precisamente del Cotentin, era stato narratore lucido, tragico, estetico, intimisitico e sensuale del suo tempo oltre ad essersi rivelato uno dei più lucidi anticipatori del mondo che sarebbe seguito alla catastrofe bellica.
Con la dignità e la fermezza di un vero uomo avrebbe volontariamente e stoicamente reciso il filo della sua esistenza per fondersi nel suo essere. In quest’epoca di smarrimento generale a cui non si sottrae l’ambiente che almeno soggettivamente si ritiene in linea con chi gli diede l’esempio, riportiamo la sua poesia che è anche un lascito testamentario di una volontà cui non intendiamo venir meno per nessuna ragione al mondo.
Noi siamo uomini d’oggi.
Noi siamo soli.
Non abbiamo più dei.
Non abbiamo più idee.
Non crediamo né a Gesù Cristo né a Marx.
Bisogna che immediatamente,
Subito,
In questo stesso attimo,
Costruiamo la torre della nostra disperazione e del nostro orgoglio.
Con il sudore ed il sangue di tutte le classi
Dobbiamo costruire una patria come non si è mai vista.
Compatta come un blocco d’acciaio, come una calamita.
Tutta la limatura d’Europa vi si aggregherà per amore o per forza.
E allora davanti al blocco della nostra Europa
l’Asia, l’America e l’Africa
diventeranno polvere.
Gabriele Adinolfi