“Hitler all’epoca non voleva sterminare gli ebrei ma espellerli. Il Muftì andò e gli disse: “Se li espelli, verranno in Palestina, bruciali“”. Le parole pronunciate dal Primo Ministro israeliano in occasione del 37esimo Congresso sionista mondiale possono essere considerate di portata storica.
Una frase storica sebbene da molti condannata. Anche la Germania, dove si trovava in visita Netanyahu, si è sentita, come riportato da Ansa.it, in dovere di intervenire: “Non c’è nessun motivo per cambiare la storia“, ha osservato il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert. “Conosciamo bene l’origine dei fatti ed è giusto che la responsabilità sia sulle spalle dei tedeschi“.
Eppure le dichiarazioni fatte dal Primo Ministro israeliano non sono frutto della sua fantasia. Ha semplicemente riportato dei dati storici quali la non volontà a priori da parte del regime nazista di compiere la Shoah.
Basti pensare al Piano Madagascar, un progetto concepito dal governo dal Terzo Reich per trasferire la popolazione ebraica dell’Europa sull’isola del Madagascar.
L’impossibilità di attuare tale piano portò alla Conferenza di Wannsee nella quale venne decisa la Soluzione Finale per il problema ebraico in Europa.
L’Impero britannico manifestava del resto insofferenza nell’accogliere i figli di Davide in Palestina. La Dichiarazione Balfour certamente aveva permesso lo stanziamento di immigrati ebrei sulle rive del fiume Giordano, ma, a fronte del continuo aumento di coloni, la popolazione locale sul finire degli Anni ’30 aveva palesato il proprio dissenso con numerose manifestazioni che comportarono una riduzione del fenomeno immigratorio.
Per i sionisti si avvertiva l’esigenza di fuggire da un’Europa antisemita. Questo, sebbene oggi giorno sia solo associato al movimento nazionalsocialista, trova radici ben più antiche. Celebre fu sul finire dell’Ottocento l’Affare Dreyfuss, uno scandalo avvenuto in Francia di chiara matrice antisemita. Neanche il democratico Regno Unito vedeva di buon occhio il popolo ebraico. Nel 2007 emerse, come riportato dal Corriere della Sera, un articolo di Winston Churchill nel quale si affermava che questi “sono stati in parte responsabili dell’antagonismo di cui soffrono“.
Il pensiero antisemita nell’ideologia nazionalsocialista è ampiamente riconosciuto dai libri di storia e dalla società pubblica. In pochi però ricordano che la politica razziale tedesca era già a conoscenza dell’opinione pubblica mondiale ben prima dell’aprile del 1945. Charlie Chaplin nel 1940 con il Grande Dittatore parlò anche delle persecuzioni naziste nei confronti degli ebrei in Europa. Al contempo, come riportato da Umberto Gentiloni nel suo libro “Bombardare Auschwitz”, già nel 1944 gli alleati erano a disposizione di notizie talmente dettagliate da costituire una testimonianza diretta, inequivocabile, dello sterminio in corso.
Netanyahu probabilmente ha sbagliato a citare il Muftì, visto che questi incontrò Hitler solamente in due occasioni; al contempo però ha offerto a tutti un’importante lezione di Diritto. Un fatto, sulla base delle teorie penalistiche della causalità, non ha mai solamente un colpevole, ma più corresponsabili che sono stati dimenticati dalla storia scritta dai silenti complici vincitori. Limitarsi, in modo semplicistico, a dare la colpa solamente al “cattivo” sconfitto è fin troppo facile per leggere la storia e per evitare di commettere gli stessi errori.
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