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Editoriali

I turchi si oppongono al Golpe, gli italiani dormono

Nel caos turco emergono segnali per cercare di comprendere la situazione. Il primo segnale è la dichiarazione del direttore della Stampa, il quotidiano italiano di riferimento di Washington. Per Molinari, infatti, esistevano solo due possibilità: o vincevano i militari golpisti oppure iniziava una guerra civile. L’idea che Erdogan potesse riconquistare il potere non era contemplata. È vero che, nella notte, si sono sovrapposte notizie di ogni genere, dalla fuga del presidente verso la Germania o il Qatar o persino verso l’Italia. Mentre altre fonti davano Erdogan diretto ad Ankara. Poi il presidente e’ riapparso a Istanbul, tra una folla festante. Quella stessa folla che è scesa in piazza, disarmata, per bloccare i carri armati dell’esercito. Un particolare che deve essere sfuggito al direttore ed agli opinionisti del giornale del partito americano.
Così come deve essere sfuggito, ai giornalisti amati da Washington, che Erdogan ha vinto e stravinto elezioni assolutamente libere. Poi può piacere o non piacere la sua politica interna e quella estera, ma è evidente che ai turchi piace. Un popolo disarmato non scende in piazza disarmato contro l’esercito se non crede nel proprio leader. Ma c’è un altro aspetto da considerare. Nell’arco di due giorni sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo sono comparse notizie su due Paesi del Mediterraneo: la Francia per la strage di Nizza e la Turchia per il tentato golpe.
In tutte queste vicende l’Italia è assente, o presente nel ruolo di vittima per i cittadini presenti sul lungomare di Nizza. Appare evidente la desolante irrilevanza di un Paese al centro del Mediterraneo, con 60 milioni di abitanti e la completa assenza di un ruolo in quello che era il Mare Nostrum. Mentre il mondo cambia, esplode, si muove, l’Italia si limita a mandare le navi per imbarcare clandestini direttamente davanti alle coste libiche. Per Mosca e Parigi, per Il Cairo e Washington, per Ankara e Londra la Libia e’ una località nevralgica nella politica estera internazionale, per Roma e’ solo una costa dove imbarcare schiavi. Il massimo della politica estera italiana e’ rappresentato da un telegramma di cordoglio o da una dichiarazione sul nulla rilasciata a giornalisti compiacenti.