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La penultima "Cassanata"

La notizia bomba di oggi è quella del ritiro più veloce nella storia del calcio, seguito dal più rapido ritorno in campo di sempre.
Questa mattina, infatti, Antonio Cassano avrebbe abbandonato il ritiro del suo nuovo club, l’Hellas Verona, decisione in seguito alla quale avrebbe dichiarato, nel pomeriggio, il suo ritiro dal calcio. Niente di tutto ciò, nell’arco di mezza giornata il barese decide di rimettersi in gioco e di tornare in campo già da domani.
La decisione avrebbe del clamoroso, se solo non si trattasse di Peter Pan, soprannome affibbiatogli ai tempi della Roma, data la sua innata capacità di non crescere mai. Nell’arco della sua carriera, infatti, nonostante i lampi di classe cristallina, sono state le “cassanate” a renderlo celebre. L’elenco sarebbe lungo e anche tedioso, partendo dalle bandierine rotte nelle esultanze e finendo per i lunghi minuti di insulti rivolti ai vari arbitri.
Ciò ha fatto di Cassano un personaggio del nostro calcio, rendendolo celebre e “amato“, invece che un fenomeno da emarginare, in un mondo che dovrebbe trasmettere esempi e valori positivi come l’agonismo, l’attaccamento alla maglia, la correttezza, la professionalità. Nessuno vuole che a giocare siano degli automi (lo stesso Totti più volte ha dato in escandescenze) ma quantomeno dalla stampa si potrebbe chiedere qualcosa in più nella selezione di chi celebrare.
Cassano infatti è solo uno di una lunga lista di talenti per cui una bella giocata da ragazzo (nel caso in particolare, lo stupendo gol col suo Bari contro l’Inter, nel 1999) ha dato il via a una lunga ed economicamente fortunata carriera: il barese dopo la sua città natale ha incantato (e fatto infuriare) le tifoserie di Roma, Real Madrid, Sampdoria, Milan, Inter, Parma e ora Verona. Una carriera di tutto rispetto, contando che in tutto questo percorso ha raccolto solo 4 titoli, di cui 2 supercoppe e 2 campionati. Un sopravvalutato.
Il termine “cassanate“, coniato da Fabio Capello (suo allenatore alla Roma prima e al Real poi), potrebbe tranquillamente essere sostituito da “balotellate“: Mario Balotelli, infatti, è un altro giocatore che è stato esaltato in misura incontenibile dal giornalismo italiano, salvo poi mostrare quello che realmente è. Un ragazzino con forti problemi di personalità che, a più di 25 anni, deve ancora dimostrare buona parte di quelle promesse che sembrava poter mantenere.
I tifosi interisti in particolare ricorderanno il suo comportamento estremamente corretto, specie nel lanciare la maglia dei nerazzurri sul prato di San Siro dopo il 3-1 inflitto al Barcellona nell’anno del triplete, oppure l’aver dichiarato di essere del Milan, con tanto di “scherzo” da parte di Staffelli e Striscia la Notizia.
Un solo allenatore è riuscito a tenerlo un po’ a bada: Roberto Mancini, che all’Inter prima e al Manchester City poi è riuscito a fargli rendere abbastanza, almeno sul campo. Fuori il ragazzo si è dimostrato sempre incontenibile. Dopo altre parentesi poco fortunate, con il Nizza ha fatto un buon campionato lo scorso anno: se mettesse la testa a posto, anche se tardi, forse potrebbe non buttare via l’intera carriera e combinare ancora qualcosa di buono.
Chi invece ha tutto per diventare un fenomeno e sembra già avere la testa altrove è Gianluigi Donnarumma, il baby portiere del Milan che, portato sul carro dei vincitori dalla stampa italiana, orfana del “compianto” Scuffet, che sembrava destinato a diventare “il nuovo Zoff“, ha già dimostrato un forte attaccamento alla maglia ma soprattutto di poter essere un esempio positivo per i giovani: et voilà, rifiutato un contratto da 5 milioni a stagione, salvo poi firmare per 6 milioni più l’ingaggio da 1 milione per il fratello Antonio e saltato l’esame di maturità. Per una competizione sportiva? No, per andare in vacanza a Ibiza.
Come sia possibile che un ragazzo con un anno e mezzo di carriera possa essere il portiere del futuro, l’idolo dei giovani, Paperumma (la sua versione “topolinesca”), questo rimane ancora un mistero. Speriamo piuttosto che il ragazzo mantenga la testa ben dritta sulle (larghe) spalle. Se proprio non riesce ad essere d’esempio, che almeno non sprechi la carriera che gli è capitata davanti. Altrimenti, davvero, di campioni non ne nasceranno più.
Riccardo Ficara