“Cercheremo di fare ancora meglio”. Indubbiamente, con questa dichiarazione di fronte ai terremotati del centro Italia, Gentiloni ha dimostrato di non avere il senso del ridicolo. La ricostruzione è in gravissimo ritardo, ma anche il presidente della repubblica Mattarella prosegue con parole inutili e vuote. Banalità di una politica incapace di affrontare i problemi del Paese. Ovviamente c’è sempre un colpevole, la burocrazia.
Come se si trattasse di un elemento extraterrestre, un incidente casuale. Ma questa burocrazia, che è effettivamente un cancro in ogni settore, non cade dal cielo. Applica leggi e regolamenti voluti dalla politica. E serve alla politica per trasformare i cittadini in sudditi, senza diritti, senza la possibilità di difendersi dal cancro statale. E poi qualcuno riesce persino a stupirsi di fronte alla crescita della voglia di autonomia. Il governo centrale impone ai terremotati dei commissari che non sanno lavorare, che perdono tempo. Tanto a restare fuori casa sono le vittime del terremoto, non i commissari che se ne tornano a casa la sera. Ma bisogna controllare tutto, bisogna aspettare, bisogna avere pazienza. Come in un qualsiasi ufficio pubblico, come in qualsiasi rapporto con la burocrazia. Si perdono i diritti, si è alla mercé di impiegati e funzionari.
Che se ne fregano dei problemi delle persone che hanno di fronte. Per loro non sono uomini e donne, solo sudditi, numeri. Obbligati a ore di coda per farli sentire inferiori già nell’attesa ed arrivare dal Dio funzionario ormai rassegnati. Ma i terremotati non possono permettersi la rassegnazione. E non possono neppure permettersi che Gentiloni scarichi le responsabilità su funzionari che lui stesso ha nominato. Ma forse non è soltanto Gentiloni a rifugiarsi dietro il paravento della burocrazia. Di fronte all’ipotesi di una candidatura del sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, alla presidenza della Regione Lazio, anche l’opposizione ha dimostrato di non gradire chi cerca di superare gli ostacoli della burocrazia. Bisogna tutelare i burocrati, che sono tanti e votano. Chissenefrega di Pirozzi e dei terremotati
Augusto Grandi