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Editoriali

Lucida follia di Trump a Gerusalemme

La decisione di Trump di spostare a Gerusalemme l’ambasciata Usa in Israele serve al presidente americano per alleggerire la sua posizione all’interno e per garantire al genero il sostegno dei media nella vicenda delle troppe accuse che lo riguardano. Problemi interni e famigliari che rischiano di provocare scontri e morti a livello mondiale. Ma a a Washington non è mai fregato nulla del resto del mondo.
D’altronde proprio Trump ha riallacciato stretti rapporti con i sauditi che stanno provocando migliaia di morti nello Yemen, anche tra i bambini, nell’indifferenza generale perché i sauditi sono i “buoni” per il politicamente corretto. In fondo, tra un bombardamento ed una esecuzione in piazza, hanno persino concesso alle donne di guidare un’auto. Non come gli Stati canaglia, dall’Iran alla Siria, dove le donne votano da decenni, guidano non solo le auto ma pure le aziende. Però, per i media di servizio, un bambino yemenita può tranquillamente venire ucciso dai bombardamenti, perché le bombe saudite sono buone e giuste. Anche se colpiscono scuole e ospedali. Non è che ci si possa sempre indignare, lo si fa a comando quando serve e solo contro chi è ritenuto fastidioso dai padroni dell’informazione. Pronti a cavalcare ogni sospetto di brogli elettorali quando dalle urne escono risultati non in linea con il pensiero unico obbligatorio. Che si tratti del Cile o del Venezuela, della Russia o dell’Italia. Colpa di Putin, in genere. E di quelli che osano mettere in dubbio le menzogne del bugiardissimo e i dati di comodo del lattaio Padoan. I sondaggi preelettorali indicano il rifiuto del Pd da parte degli italiani?
E allora via con le armi di distrazione di massa. Meglio accusare Mosca di doping nello sport, meglio accusare Erdogan di non voler una guerra santa contro l’Iran, meglio esaltare la grande conquista delle donne al volante in Arabia, meglio occuparsi delle questioni erotiche al Grande Fratello. Meglio censurare le violenze commesse dagli allogeni, meglio non parlare di italiani che si suicidano per disperazione o che muoiono di freddo su una panchina a poca distanza da un centro di accoglienza per stranieri. “Parliamo dell’elefante”, sosteneva Leo Longanesi. Oppure scateniamo una guerra a Gerusalemme, basta che si impedisca di pensare.
Augusto Grandi