Ambiente Politica locale

Falda acquifera di Sinigo: alti valori di arsenico. Urzì ottiene la conferma dalla Provincia

Alti valori di arsenico, sostanza cancerogena certa di I classe, sono stati rilevati nella falda acquifera di Sinigo, presso Merano. Lo afferma l’assessore provinciale all’Ambiente Richard Theiner, rispondendo ad un’interrogazione di Alessandro Urzì di Fratelli d’Italia/Alto Adige nel cuore.
Confermati quindi i sospetti dei tanti residenti, che da anni sostengono che a ridosso dell’impianto nel corso degli anni siano state interrate notevoli quantità di pirite, un residuo dei fertilizzanti prodotti qui fino alla fine degli anni ’70. La pirite degradandosi rilascia appunto arsenico. L’area principalmente indiziata di nascondere nel proprio sottosuolo i veleni è quella posta a nord del rio Sinigo, attualmente coltivata a mele: “Almeno 150 camion di pirite in un ettaro di terreno – dicono i vecchi operai di Sinigo, li abbiamo visti tutti prelevarli all’interno della Smiel – così si chiamava allora la Memc – e scaricarla nella buca lasciata dallo scavo della ghiaia portata a Lana.”
“L’assessore Theiner – interviene Alessandro Urzì – sostiene che non si può escludere che nell’area industriale di Sinigo vi siano zone contaminate, ma che studi e carotaggi siano inutili perché con questa metodologia le zone inquinate non sarebbero rilevabili. Ma perché nessuno si è posto il problema di individuare l’origine degli alti livelli di arsenico nell’acqua? E’ evidente che qualcosa non torna.
E quale correlazione c’è tra gli alti valori di arsenico, fattore di rischio certo nell’insorgenza del melanoma ed il fatto che proprio l’Alto Adige è la regione d’Europa con la più alta incidenza di tumori cutanei?
Perché non si vuole monitorare con uno studio epidemiologico l’area di Sinigo, come già avviene per la zona industriale di Bolzano? Si ha forse paura dei risultati? E le mele che crescono sopra l’area indiziata di essere contaminata, sono mai state analizzate?”
“Tutti quesiti ai quali vogliamo che venga data una risposta – prosegue Urzì – perché ne va della salute dei cittadini, in una zona che nel corso degli anni ha registrato un imponente incremento demografico. Negli anni ’70 la pirite era considerata un inerte e il suo interramento allora non costituiva un fatto eccezionale. Solo nel corso degli anni è stata scoperta la sua pericolosità. Per quello che noi chiediamo di verificare una volta per tutte se sotto le mele ci sia o meno l’arsenico”.

Secolo Trentino