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E ora la profezia di Soros sul crollo di facebook sembra avverarsi

Il titolo di Facebook stamane apre a a Wall Street perdendo il 5,20%, per poi crollare rapidamente a -7,50%. A pesare lo scandalo di Cambridge Analytica, secondo cui sarebbero stati rubati i dati di 50 milioni di americani al fine di essere poi utilizzati per spot politici mirati e per influenzare gli elettori alle ultime elezioni americane (e non solo).
Sembrerà strano, eppure nel corso della cena al World Economic Forum, nel gennaio scorso, Soros – che aveva duramente attaccato Facebook e Google, ritenendoli oramai un ostacolo all’innovazione da cui essi stessi sono nati – l’aveva previsto.
“Ora – aveva esordito – influenzano il modo in cui le persone pensano e si comportano, senza che le persone se ne accorgono e questo può avere gravi conseguenze per la democrazia, particolarmente sull’integrità delle elezioni”. “La loro straordinaria redditività è in gran parte funzione del fatto che evitano responsabilità per i contenuti delle loro piattaforme”, accusando infine le social media companies di “ingannare” gli utenti “manipolando l’attenzione e dirigendola verso i loro obiettivi commerciali” e “provocando deliberatamente la dipendenza ai servizi che forniscono”.
“Nella nostra era digitale le social media companies – aveva infatti sottolineato – stanno inducendo le persone ad abbandonare la loro autonomia e le persone senza libertà di pensiono possono essere manipolate con facilità”. Secondo il finanziere ungherese, “è un pericolo attuale e ha già svolto un ruolo importante nelle elezioni presidenziali americane. Per fortuna Davos è un buon posto per annunciare che i loro giorni sono contati: sono in arrivo tasse e regole e la commissaria Ue alla concorrenza Vestager sarà la loro nemesi”.
Detto fatto. Le pressioni delle autorità Usa e Uk sul fondatore di Facebook, fanno ora vacillare il colosso dei social, al quale viene chiesto di fare luce al più presto su quanto è emerso in questi giorni.
Nel frattempo, dopo che Facebook ha oscurato Cambridge Analytica, lo stesso social network precisa che “non si è trattato di un furto” di dati, poiché “la gente decide di condividere i dati con app e se queste app non rispettano gli accordi con noi e con gli utenti è una violazione” come spiegato da Andrew Bosworth, manager di Facebook.
Tuttavia, se quanto emerso dovesse essere confermato, un punto di domanda su quanto questi mezzi siano veramente “democratici” nasce spontaneo. Alla faccia della libertà.

Secolo Trentino