E’ iniziato dalla piattaforma Rousseau quel processo decisionale che vedrà come protagonisti gli italiani, chiamati a scegliere sulla formazione del Governo “Legastellato”, così come definito dall’assistente di Matteo Salvini, Luca Morisi, o sulla possibilità di consegnare l’Italia a un governo di tecnici, affidando a loro importanti scelte dal punto di vista comunitario e costringendo molti lavoratori a dover pazientare per andare in pensione.
Con questo processo si sta aprendo una rivoluzionaria stagione per la politica italiana, dove le vecchie dicotomie sono ormai tramontate. Il contratto del primo Governo “Legastellato” è il risultato di un lavoro storico: due programmi elettorali vicini su alcuni punti e diversissimi su altri e che si deve cercare di far parlare insieme. Per questo c’è un comitato di conciliazione: è un organo che viene tirato in causa nelle “divergenze” e deve appianare le differenze per far tornare l’armonia generale.
In questo contratto di Governo vi è per la Lega soprattutto un ritorno alle origini, a quelle origini che la vedevano come forza antisistema, non legata indissolubilmente a una Forza Italia che mai come in questi giorni ha dimostrato la sua vicinanza all’establishment europeo.
I 5 stelle e la Lega guardano l’Europa nella stessa prospettiva, in modo critico. Entrambi possono essere accusati di aver avuto atteggiamenti ambigui nei confronti dei simboli europei, ma nei fatti la linea tracciata da entrambi è stata molto simile. Il percorso di avvicinamento vi era già stato nel corso delle elezioni europee del 2014, ma allora i tempi erano troppo precoci per un simile passaggio. Alla fine il M5S si alleò con l’UKIP di Farage mentre la Lega si unì ai sovranisti di Marine Le Pen. Non è detto che in un prossimo futuro vi sia una piena convergenza a riguardo.
In questo scenario resta solo ormai Berlusconi a bloccare il tutto. Finchè vi sarà il Cavaliere probabilmente il centrodestra continuerà ad esistere, ormai sempre più ridotto a una creatura vincente della Seconda Repubblica.