In questi giorni ricorre l’anniversario della morte di Giovanni Falcone. Per l’occasione, anche Emilio Giuliana ha voluto sinteticamente dire la sua, scrivendo:
Volevo mettere a conoscenza e riportare alcuni passagi estrapolati dal libro pubblicato qualche anno fa ‘Cose di cosa nostra’ di Giovanni Falcone: un libro che raccoglie delle interviste a Giovanni Falcone fatte dalla giornalista francese Marcelle Padovani.
Capitolo I: Violenze
Il capitolo parla delle nuove armi di cui dispone Cosa nostra, come gli AK-47 o i bazooka e non più la lupara. Poi passa al racconto dei metodi di assassinio dei mafiosi e i grandi omicidi dei boss durante la seconda guerra di mafia. Falcone parla anche dei suoi primi anni in magistratura, quando tutti dicevano che “la mafia non esiste”.
Capitolo II: Messaggi e messaggeri
Giovanni Falcone parla del linguaggio e dei segni usati dai mafiosi, dei riti per accedere all’organizzazione, che guarda caso, sono gli stessi che si usano in Massoneria. Difatti, pochi lo sanno, ma tutti i capi mafia, devono essere massoni. Poi passa a parlare del fenomeno del pentitismo.
Capitolo III: Contiguità
In questo terzo capitolo il giudice procuratore Falcone spiega come la Mafia e la società siciliana siano intrecciate l’un l’altra. Rilevante è una citazione del libro di Tomasi di Lampedusa, nel quale il principe di Salina definisce il popolo siciliano: stanco e vecchio, vecchissimo. Inoltre viene ridefinita il concetto di Cosa Nostra. “Il dialogo Stato/Mafia, con gli alti e bassi tra i due ordinamenti, dimostra chiaramente che Cosa Nostra non è un anti-stato, ma piuttosto un’organizzazione parallela. Sempre in questo capitolo emerge la differenza fra un normale magistrato e Falcone. Falcone nacque a Palermo, in Sicilia. Le origini di Falcone sono le stesse di molti altri uomini d’onore. Durante gli interrogatori, egli sa come affrontarli e come farli parlare mettendoli a proprio agio.
Capitolo IV : Cosa Nostra
Il quarto capitolo espone le caratteristiche di questa istituzione. In Sicilia i mafiosi sono forse più di 5000. Questi però sono scelti dopo una durissima e accurata selezione. L’uomo d’onore, o meglio, il candidato a diventare uomo d’onore deve rispettare delle regole, delle leggi ferree. Alcune: essere violenti, valorosi, capaci di tenere in mano una calibro 38 e di usarla.
Capitolo V: Profitti e perdite
Nel capitolo “Profitti e perdite” Falcone parla dei commerci di droga tra Cosa Nostra residente in Sicilia e quella in America, specificandosi poi dei problemi che sorgevano tra queste due, che ormai erano diventate separate una dall’altra.
Capitolo VI: Potere e poteri
L’ultimo capitolo del saggio espone diversi atteggiamenti degli investigatori della mafia che lavoravano con Falcone e anche dei mafiosi. Secondo il giudice, lo Stato aveva le capacità di combattere i criminali mafiosi, ma non ci riusciva in quanto li vedeva più pericolosi. L’arresto e le confessioni di diversi mafiosi però convinse lo Stato a paragonarli a semplici criminali portando Falcone a dire “In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere”.
Concludo, con il pensiero di Falcone che più mi ha colpito.
« “L’unico tentativo serio di lotta alla mafia fu quello del prefetto Mori, durante il Fascismo, mentre dopo, lo Stato ha sminuito, sottovalutato o semplicemente colluso.. Sfidiamo gli antifascisti a negare che la mafia ritornò trionfante in Sicilia ed in Italia al seguito degli “Alleati” e degli antifascisti, in ricompensa dell’aiuto concreto che essa fornì per lo sbarco e la conquista dell’isola!” »
Onore a Falcone pace alla sua anima.