Home » Dino Panato ci guarda da altrove, Riposa in Pace
Attualità

Dino Panato ci guarda da altrove, Riposa in Pace

La giornata di oggi è iniziata male per la stampa trentina: la notizia della morte del fotogiornalista e fotografo Dino Panato ci ha lasciati tutti molto male. Un pochino il carattere gioviale e ironico, ma anche la qualità e il lavoro dedito iniziato nel 1981. Mancheranno le sue fotografie e la sua opera, ma resteranno i suoi lavori. Per questo lo ricordiamo con uno dei suoi post su facebook, il più amorevole (se di amore per il lavoro si può parlare) che ad oggi è quello che ci resterà, il dono che egli ci ha fatto negli anni. Grazie che la terra ti sia lieve. Sentite condoglianze alla famiglia.
Ecco il post che vogliamo ricordare, per insegnare ai giovani che cosa sia il lavoro del fotografo, nonostante internet: “Vorrei che una cosa sia chiara. (Ha scritto il collega Dino Panato lo scorso anno). Non scrivo questa nota per una ripicca personale, ma per come la mia professione, che amo viene considerata. Parliamo di come viene considerata una foto d’archivio e cosa significa avere una foto d’archivio. Per prima cosa qualcuno l’ha scattata, si è sbattuto per andare a farla, magari sotto la pioggia o la neve, a volte anche rischiando. Torni in studio e (una volta) sviluppi il negativo e, se serve, ne stampi una copia da consegnare. (oggi devi scaricare la scheda, selezionare, regolare i livelli i contrasti eccetera) Una volta il negativo veniva messo in buste di pergamino, e si scriveva un numero sulla busta ed alcune note. Su umn quaderno invece scrivevi una descrizione più estesa. Oggi scansoniamo quei vecchi negativi e archiviamo come si archiviano i file digitali. Una volta sistemata la foto si inserisce la didascalia, chiamatela come volete caption, meta data, info file, il concetto non cambia. Per i negativi scansionati si inserisce anche un campo per, se ce ne fosse bisogno, trovare la diapositiva o il negativo originale. Ora si salvano file su dei dischi rigidi esterni, naturalmente minimo due copie dell’archivio. Si inseriscono in un programma d’archiviazione, ce ne sono molti che vanno da un 300 euro a più di 5000. Ora la foto è archiviata, e pronta ad essere trovata. Per dare una dimensione del mio archivio (non ancora tutto digitalizzato) va ricordato che dal 1981 lavoro (prima Alto Adige) e poi Trentino. Tutti i giorni o io, o un mio collaboratore abbiamo fotografato tutto ciò che accadeva. Vale a dire 13.140 giorni. Come io anche altri fotografi in trentino e in Italia. A questo vanno aggiunte le 50.000 partite di serie A e B, Olimpiadi, Mondiali, champions eccetera. Ora quando vedo che su libri, giornali e nel web questa “fatica” non viene riconosciuta, non si cita il nome di quel povero scemo che ha fatto tutto questo lavoro, mi salta una rabbia indescrivibile. Se poi pensiamo che gli archivi (parlo in Italia e specialmente in Trentino) non sono considerati, mi arrabbio ancora maggiormente. Non so se i miei figli saranno d’accordo, ma io ho un grande sogno, e spero mi aiutino ad esaudirlo. Vorrei prenotare uno spazio pubblico e pagare l’occupazione, penso a piazza Duomo. Far arrivare i pompieri, per la sicurezza, un contenitore come quelli che trasportano il materiale dell’edilizia da smaltire, fare una confernza stampa, Gettare all’interno tutti i negativi, le diapositive, i dischi rigidi. Una bella tanica di benzina e dargli fuoco. Tanto tutto il lavoro che sta dietro alla professione del fotografo, tutto il patrimonio storico, culturale, che contiene, non interessa a nessuno. Alle istituzioni e nemmeno a tutte quelle persone che pubblicano le “nostre” foto senza menzionare chi ha fatto tutto questo lavoro. Quando accadrà sarà mia premura informare tutti.” Ci piace ricordarti così, con la tua verve. La redazione

Riguardo l'autore

martinacecco

Giornalista e blogger. Collaboro con il web in rosa di Donnissima. Dirigo Secolo Trentino e Liberalcafé. Laureata in Filosofia presso l'Università degli Studi di Trento. Collaboro con un Progetto sperimentale di AI.