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Politica

Amarsi per forza, se l'alternativa sono i "moderati"

Chi è abituato a buttarla in caciara potrebbe riferirsi al ritrovato accordo tra Salvini e Di Maio con l’abusata tiritera “l’amore non è bello se non è litigarello”.

E per l’Italia dei gigli magici, delle cene eleganti di Arcore, delle Isole dei famosi, dei grandi Fratelli Vip, potrebbe bastare e pure avanzare.
Il quoziente intellettivo rifiuterebbe analisi solo un po’ più approfondite. Ma ci sono persino gli italiani che vorrebbero capire le dinamiche di litigi e riappacificazioni.
Quegli italiani che, a differenza dei tg Rai e Mediaset, sanno benissimo che Lega e Movimento 5 Stelle possono litigare perché sono due partiti diversi, con sensibilità differenti. Che si sono messi insieme non per amore ma nella convinzione che questa è l’ultima chiamata per il cambiamento.
E allora ben venga una retromarcia sulla sanatoria penale per gli evasori fiscali. Ma ben venga anche una rinuncia da parte dei pentastellati all’idea di annacquare la lotta ai clandestini ed ai trafficanti di esseri umani.
Indubbiamente esiste la consapevolezza di essere di fronte ad un momento decisivo per l’Italia, dunque si possono anche accettare dei compromessi per continuare a governare.
Non per l’ubris bensì per la certezza che non esistono alternative a questo tentativo di cambiamento.
Chi dovrebbe liberare l’Italia dalle catene degli euro cialtroni? Della Bce? Del Fondo monetario internazionale?
Certo non i moderati dal volto umano, proni davanti ad ogni burocrate di Bruxelles che vuole un’Italia povera e servizievole.
Certo non il bugiardissimo che ha impoverito il Paese. O Berlusconi che sogna di diventare un monarca assoluto con harem a disposizione.
A costoro sono funzionali i vertici delle associazioni di categoria che vorrebbero continuare ad imporre i propri comodi facendo pagare al popolo i costi della loro ricchezza.
Il signor Boccia che impone al governo una retromarcia è lo stesso Boccia che guida una Confindustria che impone la precarietà, che paga i salari più bassi d’Europa tra i grandi Paesi, che non investe e vuole i soldi pubblici per puntare sull’innovazione?
Il signor Dario Gallina che bacchetta la Lega (magari pure giustamente) per i tentennamenti sulla Tav, è lo stesso presidente degli industriali torinesi che non ha mai messo un container sull’alta velocità ferroviaria italiana tra Torino e Salerno passando per Milano, Roma e Napoli?
È lo stesso presidente di industriali che tagliano i posti di lavoro e che, per due terzi, se ne fregano del programma Impresa 4.0mentre il terzo restante ci crede purché sia lo Stato a pagare?
E sono questi signori, della politica e della società civile che vorrebbero indicare la strada da percorrere? A vantaggio di chi?
Salvini e Di Maio non sono sicuramente gli eredi di Napoleone o di Federico II, di Eugenio di Savoia, di Bismarck, di Carlo Magno. Ma guidano un Paese che non è quello di Lorenzo il Magnifico, della Serenissima o della Superba. Non è l’Italia del Rinascimento a è quella del “tengo famiglia” anche se la famiglia non c’è più perché richiede troppa fatica.
Se falliranno sono destinati a sparire, soppiantati dai Calenda e dai Tajani, dalle Santadechè e dai Boccia. Per gli italiani sarebbe una pessima prospettiva.