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Società

Se il giornalismo italiano fosse di qualità

Ma la conferenza stampa di fine anno di Giuseppe Conte è stata un attacco contro il ministro leghista dell’Istruzione o una fine provocazione nei confronti di giornalisti che, sempre più spesso, non sarebbero in grado di superare un esame di cultura generale?

Le dotte citazioni, a partire dall’Avaro, sembrano quasi irridere alla scuola immaginata da Bussetti, senza storia e senza letteratura che vada oltre la banalità del contemporaneo.

D’altronde il nuovo ministro non si scosta dalla linea dei suoi predecessori, da Moratti a Gelmini e Fedeli. Nella scuola con le domande a quiz, spesso con la scelta limitata a tre risposte in attesa che quella giusta venga già evidenziata, le opere teatrali francesi non si studiano, ed anche I Miserabili sono ormai un retaggio della scuola del passato.

Sarà Bussetti la vittima del rimpasto ipotizzato da molti giornalisti sulla base delle dichiarazioni del presidente del consiglio? Peccato che Conte abbia sostenuto che si tratta di ipotesi del terzo o quarto tipo. Che, rispettivamente in italiano (e latino) e in greco, sono le ipotesi dell’irrealtà, non dell’eventualità.

A leggere o ascoltare le cronache giornalistiche pare che molti cronisti siano completamente a digiuno della materia e, dunque, hanno cominciato ad elucubrare sulle possibili vittime di un rimpasto irreale.

Forse quando Conte ha fatto cenno ai tagli dei finanziamenti per l’editoria ed alla necessità di intervenire a tutela della libertà di informazione, si è dimenticato di aggiungere che sarebbe ora di rivedere anche i corsi di aggiornamento professionale. Evitando di occuparsi di massimi sistemi ma partendo proprio dalla base.

Analisi logica, grammatica, aritmetica (così si potranno smentire le sciocchezze di Tajani sui 300 miliardi persi dai risparmiatori italiani nei primi 3 mesi di governo giallo verde), storia, geografia.

Non è possibile che il direttore di uno dei maggiori quotidiani italiani scriva in un editoriale di “provincia di Ivrea” che non esiste. E gli strafalcioni storici sono una costante, non solo quando si utilizzano per piegare la storia più recente alle proprie visioni politiche, ma anche su vicende lontane dove non si ricorre alla faziosità poiché basta l’ignoranza.