Ci si aspettava di assistere a delle libere primarie interne a Forza Italia, con Giovanni Toti e Mara Carfagna protagonisti assoluti della competizione elettorale. Invece ciò che emerge è probabilmente la fine dell’esperienza partitica del soggetto che ha accompagnato inscindibilmente la vita politica di Silvio Berlusconi.
Erano infatti attesi i cosiddetti tavoli delle regole, per definire le modalità delle primarie, quando invece il Cavaliere ha lanciato la “bomba” che ha fatto scoppiare il putiferio generale nel mondo forzista. “Il presidente Silvio Berlusconi, preso atto che il Tavolo delle regole per il nuovo statuto di Forza Italia ha terminato i suoi lavori e alla luce del suo esito, ha deciso di nominare un Coordinamento di presidenza” si legge in un comunicato stampa dello stesso leader storico di FI.
A farne parte, secondo le indicazioni di Berlusconi, dovrebbero essere Annamaria Bernini, capogruppo al Senato, Mara Carfagna in quanto Vicepresidente della Camera dei Deputati, Mariastella Gelmini, capogruppo alla Camera, Sestino Giacomoni e Antonio Tajani, vicepresidente.
Delle nomine in direzione totalmente opposta al previsto, anche perché vedono l’assenza di Toti ma l’inclusione della Carfagna, che invece era stata nominata coordinatrice proprio insieme al Presidente della Liguria. Un vero e proprio tilt senza alcun apparente motivo politico.
Inevitabilmente, ad aprire il valzer degli addii è stato Giovanni Toti. “Ognuno deve andare per la sua strada. Non sono io a dimettermi, è Forza Italia che esce da se stessa” ha dichiarato sconsolato l’ennesimo delfino affondato da Berlusconi. “L’Italia ha bisogno di una forza moderata, ma le persone che cercano questa casa hanno bisogno di risposte, che non possono più essere date dalle stesse facce, le stesse persone e le stesse idee che Forza Italia continua a dare. C’è un sapore di nostalgia“.
La mossa di Berlusconi ha letteralmente affondato ogni progetto di Toti, dal momento che il movimento politico nato per favorire la sua vittoria alle primarie e noto come L’Italia in crescita sembra irrimediabilmente compromesso, visto che le alternative ad oggi sembrano essere quelle di restare un “civico” oppure di entrare a far parte di uno dei due partiti stabili della destra italiana, tanto Lega quanto Fratelli d’Italia, partito verso il quale è migrato anche Guido Castelli, ex-Sindaco di Ascoli Piceno e nome forte tra i totiani del centro Italia. “Da tragedia, è diventata una farsa. L’avventura cominciata il 19 giugno per cambiare qualcosa onestamente è finita, buona fortuna a tutti” ha aggiunto Toti, che poi tramite il suo profilo Facebook cerca di tenere alti gli animi, dichiarando che farà un grande “Giro d’Italia” per incontrare i vari circoli territoriali e iniziare dal basso un cambiamento del partito.
Ma se Toti è rimasto – naturalmente – scontento, non si può dire che l’abbia presa bene Mara Carfagna. “Apprendo dalla stampa del superamento delle decisioni del 19 giugno e dell’insediamento di un coordinamento di presidenza. Coordinamento del quale nessuno mi ha chiesto di far parte e di cui non intendo far parte. Questa scelta è diametralmente opposta alle intenzioni manifestate da Berlusconi, non voglio fare parte del comitato di liquidazione di Forza Italia” ha dichiarato la Vicepresidente della Camera, nome che sembrava – rispetto a Toti – quello della continuità forzista.
L’angelico coro di critiche è stato impreziosito dagli interventi di Brunetta – “Un piano fallimentare e inadeguato rispetto al mandato ricevuto da Berlusconi. Urge un comitato di presidenza di FI e un consiglio nazionale” – e di Laura Ravetto, che ha definito la decisione di “silurare” Toti come un “errore fatale“.
Da parte di Tajani, Bernini e Gelmini tutto tace al riguardo, forse anche per non accendere ulteriormente gli animi. Ma la dichiarazione più pesante riguardo il destino di Forza Italia arriva nelle ore serali attraverso Paolo Romani, uno dei fedelissimi di Silvio Berlusconi. “Il tavolo delle regole che doveva condividere le proposte di Toti e Carfagna sembra aver prodotto la soppressione dei due coordinatori nominati un mese e mezzo fa. Non solo, il coordinamento di Presidenza nasce già monco e dalle competenze confuse, con l’unico scopo apparente di organizzare una consultazione tutta interna con in ballo solo posti organizzativi” sostiene il Senatore. “Forza Italia – conclude – sembra aver non solo abbandonato un percorso necessario di rinnovamento, ma anche abdicato al ruolo di movimento politico“.
Tanto Toti quanto la Carfagna si aggiungono così a quella lunga lista di “figliocci”, sedotti e abbandonati, da parte di Silvio Berlusconi, che dopo aver bruciato Gianfranco Fini e Angelino Alfano adesso è riuscito nella mirabolante impresa di far fuori entrambi i suoi possibili successori, scontentando tanto l’elettorato più “conservatore” – fedele a Toti – quanto quello più “liberale”, vicino alla Carfagna. E pensare che Toti era addirittura malvisto, anni fa, perché “spinto” da Berlusconi che lo voleva a tutti i costi come suo delfino, tanto da arrivare al paragone con Dudù, il cagnolino del Cavaliere.
Naturalmente ad avventarsi sui resti di Forza Italia è stata Fratelli d’Italia, che aveva già iniziato un’opera di apertura includendo Raffaele Fitto e il ramo conservatore al suo interno. Molti di quelli sul piede d’addio sembrano infatti aver già fatto le valige per essere accolti a braccia aperte da Giorgia Meloni, che non vede l’ora di incassare credito a sufficienza per portare il suo soggetto politico a toccare il 10%.
Anche il mondo associazionistico ha compreso l’importanza di questo ormai inevitabile crollo: Nazione Futura, una delle associazioni culturali più attive nel mondo della destra italiana, ha infatti emesso un comunicato stampa a tal proposito a firma del suo presidente Francesco Giubilei. “In un momento di forte discussione e importanti cambiamenti, rappresentiamo un punto di rifermento per il mondo conservatore, liberale e sovranista italiano, sottolineando la necessità di una discussione di carattere valoriale e culturale per ogni progetto politico” sottolinea l’associazione, ponendosi come mediatore culturale dell’intero centrodestra italiano. Un ruolo che poteva tranquillamente essere di una rinnovata Forza Italia e che invece si è attribuito un’associazione culturale attualmente apartitica.
Se questo caos rappresenta la fine dell’avventura politica di Forza Italia, l’eredità da raccogliere è ancora più pesante. FI ha rappresentato, dal 1994 ad oggi, l’eredità di una storia politica con profonde radici: il partito è stato l’erede dell’area governativa della Prima repubblica, includendo al suo interno progressivamente anime provenienti dal PLI, dal PSI ma soprattutto dalla Democrazia Cristiana, proponendosi come reale alternativa al centrosinistra più o meno orientato verso le posizioni del Partito Comunista Italiano nel corso degli anni. Un partito che avrebbe dovuto rappresentare, attraverso l’unione con Alleanza Nazionale nel Popolo della Libertà, la versione italiana del Partito Repubblicano americano.
Oggi invece ci si trova a piangere della fine dell’unico soggetto di centrodestra spiccatamente liberale, rappresentando una perdita anche culturale per l’intera coalizione. Silvio Berlusconi, novello Augusto, è stato un imperatore incapace di crearsi una discendenza coerente e credibile. Se in questo parallelismo Salvini rappresenta Tiberio, possiamo già temere l’arrivo di un altro Caligola.
Riccardo Ficara Pigini