Quanto pesa il cervello nell’esercizio di un’attività sportiva? E’ vero che praticare attività fisica migliore le capacità cognitive? E ancora: fino a che punto si può migliorare? A queste e diversi altri quesiti hanno risposto Niccolò Campriani, ex tiratore a segno vincitore di tre medaglie d’oro e una di argento ai Giochi olimpici e il professore Mauro Porta, neurologo e neurochirurgo responsabile del centro malattie extrasensoriali e sindrome di Tourette presso l’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano.
“Il cervello è ovviamente determinante anche nelle attività sportive così come in ogni altro aspetto della nostra quotidianità- ha spiegato il professore -. Troppo spesso però tutto questo viene sottovalutato e si pensa ad allenare solo la parte muscolare. Pensiamo quando conta, soprattutto ad alti livelli, la capacità di anticipare anche solo di una frazione di secondo il proprio avversario, ovviamente questa qualità arrivano direttamente dalla testa. Attraverso determinati esami e studi abbiamo scoperto che esiste anche la memoria nei muscoli, quando impari ad eseguire determinati movimenti non li dimenticherai mai più”. Porta ha continuato spiegando gli effetti dell’attività fisica sul cervello: “Il movimento del corpo influenza direttamente il cervello, modificando il sistema motorio, la navigazione spaziale, le funzioni esecutive e il controllo sensorio. Lo sport potenzia anche il sistema nervoso indirettamente, con il branching capillare e, direttamente, con il pruning neuronale”.
Il neurologo ha concluso evidenziando come: “Muovendosi si attivano neurotrasmettitori, endorfine e fattori neutrofici tutti implicati nel funzionamento del corpo e della mente. Insomma tenersi in forma coincide con il fitness mentale”. Campriani ha raccontato di quando “dopo due anni e mezzo senza tirare un solo colpo sono tornato in un poligono e ho fatto più punti rispetto alla finale olimpica di Rio. La memoria muscolare è qualcosa di unico, prima di andare in Brasile avevo già deciso di smettere, la mia passione era diventata un’ossessione avevo cominciato ad odiare lo sport che per tanti anni avevo invece amato. Ora mi alleno ma perché mi aiuta ad avere un equilibrio maggiore in tutti gli altri aspetti della mia vita, non tornerò a gareggiare”. A proposito di gare il campione olimpico ha descritto la tensione che accompagna gli appuntamenti più importanti: “Noi dobbiamo colpire un bersaglio grande mezzo millimetro posto a dieci metri di distanza, anche il battito del cuore può farti sbagliare e quando l’impegno è importante l’adrenalina entra nel sangue e si hanno 150/160 battiti, si tratta praticamente di un attacco di panico controllato“. (sf)