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Celestino V è il Santo protettore contro il Coronavirus

Il Coronavirus è ormai entrato nell’agenda quotidiana degli italiani, con la relativa quarantena forzata e le misure disposte dal Governo Conte II per arginare il tracollo economico-finanziario che ne potrebbe conseguire.

Molti si chiedono quale sarà l’effettiva data di fine dell’emergenza: quando si potrà tornare a uscire di casa? Quando si tornerà, più o meno, alla normalità? Domande alle quali nessuno può dare precisamente risposta.

Domande che soprattutto a Isernia sono più che mai sentite, visto che la città – e la provincia – è l’unica in Italia ad avere ancora 0 casi certificati di Coronavirus. Merito, forse, anche di Celestino V.

Colui che fece per viltade il gran rifiuto“, secondo la descrizione che ne fece Dante, poiché fece scalpore la sua decisione di rinunciare al ministero petrino dopo nemmeno 4 mesi di pontificato. Eppure Pietro Celestino – così come oggi appare nel calendario liturgico – nativo e Santo protettore di Isernia fu un personaggio ben più particolare.

Dopo aver condotto gli studi ecclesiastici a Roma, Pietro Celestino passò gran parte della sua vita in una grotta del monte Morrone, sugli Appennini abruzzesi, custodendo la piccola chiesa di Santa Maria di Segezzano. Successivamente lasciò anche quel rifugio per vivere in totale ascesi sui monti della Maiella. Si allontanò dal suo rifugio eremitico solo per recarsi – a piedi – a Lione per incontrare Papa Gregorio X e salvaguardare il suo ordine di monaci ascetisti.

Alla morte di Papa Niccolò IV, sopraggiunta nel 1292, i 12 cardinali componenti l’assemblea destinata al Conclave si riunirono molte volte per eleggere un successore. Ma l’intervento di un’epidemia di peste fece slittare l’elezione fino al 1294, quando all’unanimità il Conclave designò come nuovo Pontefice Celestino V. Un monaco eremita, nemmeno cardinale, venne così eletto Papa per sopperire in breve tempo a 2 anni di sede pontificia vacante, con tutto il caos politico che un fatto del genere poteva comportare.

Naturalmente, il pontificato fu breve: Pietro Celestino non conosceva troppo bene nemmeno il latino, avendo vissuto sugli Appennini abruzzesi e molisani per gran parte della loro vita. La sua decisione di rinunciare al pontificato lo portò poi alla deportazione, secondo gli ordini di Benedetto Caetani, il suo successore col nome di Bonifacio VIII. Morto probabilmente per stanchezza dopo aver celebrato a 87 anni la sua ultima messa, le sue spoglie ora riposano all’Aquila presso la Basilica di Santa Maria di Collemaggio.

Il 5 maggio 1313 il papa Clemente V lo canonizzò come santo confessore, ponendo il suo culto nel giorno del 19 maggio. Il Martirologio romano scrive di lui: “San Pietro Celestino, che, dopo aver praticato vita eremitica in Abruzzo, celebre per fama di santità e di miracoli, ottuagenario fu eletto Romano Pontefice, assumendo il nome di Celestino V, ma nello stesso anno abdicò dal suo incarico preferendo ritirarsi in solitudine“.

E se il Santo protettore dell’unica città ancora non toccata dal Coronavirus, eletto papa nell’ambito di una pestilenza e dopo aver vissuto una vita appartata senza uscire di casa fosse davvero il Santo al quale votarsi in questo momento critico? Impossibile dare una risposta. Certo, se l’epidemia terminasse il 19 maggio potrebbe nascere più di qualche domanda.

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