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L’onestà del M5S minata dalle accuse dei rapporti con la mafia fatte dall’erede di Falcone

Continuano a caratterizzare l'opinione mediatica italiana le dichiarazioni rilasciate dal magistrato Nino Di Matteo al programma televisivo "Non è l'arena" condotto da Massimo Giletti sull'emittente televisiva La7.

Continuano a caratterizzare l’opinione mediatica italiana le dichiarazioni rilasciate dal magistrato Nino Di Matteo al programma televisivo “Non è l’arena” condotto da Massimo Giletti sull’emittente televisiva La7, con Bonafede costretto a vedere i “suoi”, che per anni hanno parlato di onestà e di lotta alla mafia, doverlo ora costantemente difendere dopo le associazioni avanzate da una autorità nella lotta alla mafia come Di Matteo, circa alcuni coinvolgimenti dello stesso ministro in quota penta-stellata in possibili rapporti “con la mafia”.

I fatti risalgono alla scorsa domenica quando intervistato da Giletti, il magistrato Nino Di Matteo aveva dichiarato di essere stato contattato dal Ministro Alfonso Bonafede per guidare il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap), e di aver successivamente scoperto di non essere stato nominato a causa di un ripensamento dello stesso Bonafede veicolato dal malcontento di alcuni boss mafiosi detenuti in carcere su una sua possibile nomina.

Tali affermazioni avevano provocato rapidamente numerose polemiche, ponendo il Ministro della Giustizia nell’occhio del ciclone. Lo stesso Bonafede si era giustificato in un lungo post su Facebook sconfessando le parole del magistrato e rivendicando la totale paternità della scelta finale di non nominarlo alla guida del Dap. Affermando contestualmente: “Ho sempre agito a viso aperto nella lotta alle mafie che, infatti, nel mio ruolo ho portato avanti con riforme come quella che ho sostenuto in Parlamento sul voto di scambio politico-mafioso; con la Legge c.d. “Spazzacorrotti”; con la mia firma su circa 686 provvedimenti di cui al 41 bis e con l’ultimo decreto legge che, dopo le scarcerazioni di alcuni boss, impone ai Tribunali di Sorveglianza di consultare la Direzione nazionale e le Direzioni distrettuali antimafia su ogni richiesta di scarcerazione per motivi di salute di esponenti della criminalità organizzata”.

Oggi, con le discussioni ancora di strettissima attualità, Massimo Giletti, conduttore del programma “incriminato”, ha affermato di aver ricevuto numerose minacce per aver dato ampio spazio allo scontro Bonafede-Di Matteo, dichiarando al programma “L’aria che tira”: “io sono molto amareggiato, sto ricevendo insulti, minacce da troppo tempo. Adesso mi sono rotto le scatole. Dico subito a chi mi minaccia che domenica tornerò a parlare di questa storia”. 

A difesa del conduttore di La7, è intervenuto anche il leader della Lega, Matteo Salvini, che dopo aver espresso la propria solidarietà a Giletti per portato alla luce “una vergogna incredibile che riguarda il Ministro della Giustizia” ha rincarato: “Sospetti preoccupanti avanzati da un magistrato antimafia. Faremo chiarezza.”

Al momento gli unici che sembrano aver già tutto chiaro sono gli stessi vertici del M5S, che lo difendono a spada tratta in modo, a tratti, persino eccessivo. Alla faccia del giustizialismo.

Carlo Alberto Ribaudo