Lo schema prevede anche che la conduzione e la responsabilità scientifica delle attività di conservazione e valorizzazione dei reperti custoditi nel Museo Retico avvenga mediante personale della Soprintendenza per i beni culturali nelle sue diverse articolazioni (servizi educativi, comunicazione, laboratorio di restauro).
PROGETTO PER LA REALIZZAZIONE DEL VILLAGGIO RETICO – L’INTERROGAZIONE DI LUCIA COPPOLA, VERDI DEL TRENTINO
“Tutto il mondo culturale è in attesa della ripresa e anche la Provincia vuole dare risalto e valore a beni come musei e castelli, un patrimonio che dobbiamo rendere di nuovo fruibile e anzi rilanciare, attraverso il ricorso a idee e soluzioni innovative”, ha commentato l’assessore Mirko Bisesti. “Questo schema di protocollo rappresenta parte di una visione d’insieme che vuole mettere a frutto il grande lavoro di coordinamento fra i rappresentanti e gli esperti dei settori turistico, museale e sanitario: appena i protocolli di sicurezza già definiti saranno messi in atto e potremo confermare le date della riapertura, anche i beni storici e artistici della Val di Non saranno pronti ad accogliere di nuovo i visitatori”.
La Provincia, tramite la Soprintendenza per i beni culturali, è proprietaria dei reperti archeologici del Museo Retico – Centro per l’Archeologia e la Storia antica della Val di Non e titolare del progetto di allestimento, provvedendo anche alla gestione scientifico-culturale delle strutture espositive. La Soprintendenza, inoltre, coordina il progetto della Rete dei castelli del Trentino, nato nel 2011. La Rete comprende oggi 34 castelli e siti fortificati pubblici e privati, di cui 8 nella sola Val di Non e ne incentiva la fruizione da parte del pubblico, promuovendone nel contempo una politica di valorizzazione unitaria. L’accordo, il cui schema di sottoscrizione è stato approvato oggi, propone appunto la collaborazione fra la Provincia e l’Apt val di Non, in particolare per la valorizzazione del Museo Retico – Centro per l’Archeologia e la Storia antica della Val di Non e della Rete dei Castelli, parte del patrimonio culturale territoriale di interesse comune, attuando eventi di riconosciuto valore culturale, coinvolgendo un pubblico diversificato, promuovendo visite guidate e tour che abbiano come meta l’offerta culturale diffusa sul territorio, collaborando all’apertura e promozione dei luoghi storico-culturali. Tutte azioni che dovranno necessariamente accompagnarsi a misure di sicurezza e contingentamento del flusso turistico e degli accessi ai luoghi di interesse e allo stesso museo, come previsto dai tavoli di settore che si sono riuniti nei giorni scorsi.
Il Museo Retico è situato in località Casalini nel comune di Sanzeno, dove sorse l’abitato protostorico che fu il principale centro delle genti retiche di Anaunia. Si propone come un attivo polo di comunicazione culturale e strumento per la valorizzazione della storia antica del territorio: un luogo di incontro aperto alle realtà locali, destinato a rivestire un ruolo di primo piano nell’offerta culturale e turistica delle valli del Noce e del Trentino.
La popolazione retica ha le sue origini nell’età del ferro e si affermerà nell’area del Tirolo e del Trentino fino alla sottomissione romana dell’area – avvenuta in età imperiale e raccontata dallo storiografico romano Casso Dione.
In epoche precedenti alla conquista romana le popolazioni locali entrarono in contatto anche con Etruschi e Celti ed è forse opportuno segnalare che c’è stato anche chi – come lo studioso austriaco Osmund Menghin – avanzò l’ipotesi che i Reti non fossero una popolazione, quanto invece un “gruppo di culto”, a cui si associa, per assonanza, il culto della divinità Reitia.
Nell’edificio progettato dall’architetto trentino Sergio Giovanazzi, aperto al pubblico nel 2003, gestito e curato direttamente dalla Provincia, è ospitata l’esposizione permanente del patrimonio archeologico locale.
A margine della struttura – nella parte posteriore – c’è un appezzamento di terreno su cui pare si volesse edificare una riproduzione di “villaggio retico” e ciò sull’esempio delle palafitte di Ledro o quelle di Fiavè, ma dal 2003 ad oggi questo villaggio non è stato costruito.
Si ritiene che la sua realizzazione costituirebbe un’interessante opportunità scientifico-divulgativa, utile anche per le attività didattiche delle scuole e per il turismo della Val di Non.
Si potrebbero ricreare storie di vita quotidiana delle popolazioni retiche, insegnando ai bambini come macinare con le pietre il miglio, il farro o altre granaglie presenti al tempo; pensare ad un’area dedicata alle erbe medicinali del territorio; proporre laboratori sulla “medicina antica” e sulla conoscenza delle piante; insegnare la mungitura delle capre, che si potrebbero allevare in loco.
Il villaggio retico valorizzerebbe maggiormente la struttura museale, rendendolo ancor più attrattivo per turisti e scolaresche.