Il primo ministro ungherese Viktor Orban, invitato dal Presidente del Parlamento europeo David Sassoli a partecipare a un dibattito sulla legge dello stato d’emergenza nel suo Paese, ha rifiutato l’invito. “In questo momento, sono impegnato a combattere contro l’epidemia con tutte le mie energie e la mia forza” ha dichiarato il premier dell’Ungheria all’agenzia di stampa ungherese MTI, rispondendo così indirettamente all’invito di Sassoli.
Quest’oggi, in un dibattito in sessione plenaria, il Parlamento europeo dovrebbe dunque esprimersi sulla ormai celebre legge promulgata a fine marzo per concedere a Orban i cosiddetti “pieni poteri“, potendo tra l’altro governare fino a nuovo ordine attraverso decreto. Sassoli, inviando la lettera d’invito a Orban, avrebbe sottolineato che sarebbe stata a suo avviso necessaria una partecipazione da parte del Premier a questo dibattito, al che il Presidente ungherese avrebbe risposto che il Governo ungherese – secondo l’agenzia di stampa AFP – sarebbe stato rappresentato dal Ministro della Giustizia Judit Varga.
Il portavoce del governo ungherese, Zoltan Kovacs, ha poi rincarato la dose: “Il Parlamento Europeo terrà un dibattito sulla legge ungherese di protezione per l’emergenza Coronavirus. In precedenza, la Commissione europea, che è la sola istituzione europea autorizzata a revisionare leggi nazionali, insieme alla vice-Presidente della Commissione con delega ai Valori e alla Trasparenza Vera Jourova hanno confermato che la legge non è affatto contraria al diritto europeo” ha dichiarato su Twitter. “Perché dunque questo dibattito? Si tratta chiaramente di una nuova caccia alle streghe. La sinistra e i liberali fanno giochetti politici mentre l’Europa affronta una delle più grandi crisi economico-sanitarie del secolo” conclude, riferendosi probabilmente al periodo degli anni ’20 del 1900, quando l’epidemia di Spagnola e la Grande Depressione misero in seria difficoltà l’equilibrio mondiale.
Oltre alle accuse legate alla legge sullo stato d’emergenza, Orban dovrà anche guardarsi a breve dalle accuse che gli veranno rivolte per aver convocato, l’11 maggio scorso, ben cinque ambasciatori – ovvero quelli di Islanda, Svezia, Danimarca, Norvegia e Finlandia – accusati di aver diffuso informazioni false sull’Ungheria dopo essersi detti “inquieti” riguardo la democrazia ungherese, riferendosi evidentemente ai “pieni poteri”.