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Cultura

Il bene e il male? Lo stop agli scandali è il via alle indignazioni

Non ci sono più scandali: nessun grado di separazione – almeno immaginario – tra potere e dipendenza, tra élite e popolo; il linguaggio si è adagiato su un comune sentire (con i suoi eccessi vezzosi verso complesso o semplificato) e insieme ad esso anche le idee, i valori, ovvero l’etica e la cultura in generale. Le allegorìe della nostra esistenza sono ridotte e meme per facebook, dove a volte si capiranno i meme, a volte anche no. Qualcuno per caso lo ha notato?

Non ci sono più scandali: il Principe smette di essere un principe e dopo qualche settimana questo fatto non è più uno scandalo; escono le foto dei Presidenti nudi con tutto in mostra e (seppure con del sale e del pepe) dopo qualche tempo non pagano lo scandalo; un produttore cinematografico viene travolto in un processo in cui certamente si discute di rapporti sessuali di vario genere con un numero considerevole di ragazze ma dopo qualche mese non è più scandalo; famiglie di povera gente vengono cacciate dalle loro case per errori altrui pagati con sfratti dolorosi e non è più scandalo. Tutti fatti – questi – per i quali, fino a non molto tempo fa, si sarebbe aperto un “faldone” impossibile da chiudere e un debito sociale quasi irrealistico da sanare. Basti pensare al “casino” ingenerato da un presunto rapporto orale tra Bill Clinton e Monica Lewinsky (sexygate) erano gli anni novanta, forse anche più di uno, probabile, certo, ma non esistevano i social network. Invece se ci pensiamo abbiamo studiato sui libri di Menelao ed Elena in mitologia, di Lesbia e Catullo poesia di latino antico, ma anche più recentemente, ad esempio il Decamerone di Boccaccio.

Non ci sono più scandali, ma ci sono ancora ideali? Lo scandalo è una faccenda che coinvolge la mentalità – niente affatto bigotta bensì suscettibile o sensibile – che viene in qualche modo messa alla prova. Non solo, ma anche scossa, quasi in un senso di vergogna, che si traduce in limite: il confine delle idee di ciascuno. Il tempo per meditare sulle nostre azioni e su quelle altrui rende giustizia al merito.

Lo scandalo oggi è una faccenda assolutamente personale: parlare di scandalo quindi è un punto di vista.

Insensibili alle “violazioni del costume”, potrebbe essere di per sé la definizione dell’era contemporanea, dove “mettersi le dita nel naso” o “ruttare a tavola” restano segni scandalosi, perché la buona educazione mediamente insegna che questo non si deve fare, ma “mandare in fallimento una Banca” invece non lo è, anche se ci è stato insegnato di non farlo. Come mai non lo è?

Lo scandalo è una questione di stile: un tempo poteva essere ritenuto scandaloso avere l’amante, adesso invece non lo è fintanto che non diventa gossip, e dipende dal gradimento. Lo stile porta a fare accettare qualsiasi cosa, se a farla è qualcuno che ha un alto indice di gradimento. Bene o male, quando in mezzo ci sono concetti come: fama, lustro, ricchezza, successo, vittoria, notorietà lo scandalo passa in secondo piano. Qualsiasi esso sia e per quanto sia grave o possa potenzialmente esserlo, la proporzionalità del perdono è veloce tanto quanto lo siano il riconoscere lo “status symbol” di chi ha compiuto il fatto e la sua “bolla di pubblico estimatori”. Si perdona facilmente se: si ottiene un vantaggio, la persona è molto stimata, il reato passa in sordina perché è cosa già vista. Pazzesco, no? Ma non ne siamo consapevoli, non così tanto.

Un tempo era ritenuto scandaloso poter insinuare il dubbio. Ad esempio un romanzo noto alle donne di una certa età “La lettera scarlatta” di Nathaniel Hawthome parlava di come una donna in un intreccio che oggi potremmo definire persino romantico, sfidasse i puritani del 1800 rendendo piacevole il senso del male, ma non come punizione, come liberazione.
Niente rispetto a quanto possiamo trovare oggi in letteratura, dove per esempio di romanticismo non si parla più, ma si punta in genere sul conflitto sessuale interiore, intimistico, non per niente tra i successi più “scandalosi” in letteratura abbiamo la Trilogia delle “sfumature” rosso – nero – grigio di Erika Leonard James, una specie di multi-manuale di erotismo trendy.

Ma oggi come oggi, lo scandalo, dove possiamo trovarlo? La moda vuole, il trend descrive, che lo scandalo oggi sia più che altro indignazione, che muta: il concetto da personale diventa collettivo, non mi scandalizzo più per qualcosa che riguarda la mia morale o il mio modo di vedere le cose su me stessa (poiché il confronto non è più necessario per esistere) ma mi indigno qualora ritengo sia offesa la natura libera e la dignità di una terza persona, mettendo in questa empatia il mio messaggio, creando un legame interattivo – anche quando non richiesto – tra me, l’attore e l’oggetto in questione.

Quindi non ci sono più scandali secolari (vecchi, obsoleti e superati) ma indignazioni popolari, che seguono il mood, il sentiment, il gradimento, il comune sentire e la comune moralità (non più morale, legata a parametri stantii e radicalizzati) ma una versione più leggera, che è soggetta a mutamento. Forse.

Gli scandali restavano, le indignazioni passano. Certamente.

Di Martina Cecco

Riguardo l'autore

martinacecco

Giornalista e blogger. Collaboro con il web in rosa di Donnissima. Dirigo Secolo Trentino e Liberalcafé. Laureata in Filosofia presso l'Università degli Studi di Trento. Collaboro con un Progetto sperimentale di AI.