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Il Covid ci lascia un’Italia stanca e affannata, a due velocità e frammentata

“Il sistema-Italia è una ruota quadrata che non gira: avanza a fatica, suddividendo ogni rotazione in quattro unità, con un disumano sforzo per ogni quarto di giro compiuto, tra pesanti tonfi e tentennamenti. Mai lo si era visto così bene come durante quest’anno eccezionale, sotto i colpi dell’epidemia”.

Queste le parole con cui il 54° Rapporto Censis descrive l’immagine di un’Italia stanca e affannata, un’Italia a due velocità e frammentata sia dal punto di vista sociale che quello economico.

Partiamo analizzando proprio quest’ultimo aspetto.

Sicuramente una delle divisioni più importanti è quella che riguarda lavoratori garantiti e non garantiti: tra i primi rientrano i 3,2 milioni di dipendenti pubblici e i 16 milioni di pensionati, nell’altra ritroviamo imprenditori, lavoratori autonomi ma anche, sempre secondo stime Censis, 5 milioni di lavoratori che basavano il loro reddito su lavoretti nei servizi o in nero che di fatto sono scomparsi.

I settori maggiormente in difficoltà sono chiaramente quelli più colpiti dalle restrizioni e dal mutamento dei comportamenti sociali: albergatori, ristoratori, commercianti, artigiani e liberi professionisti sono rimasti quasi senza fatturato. Solo il 23% dei lavoratori autonomi ha continuato a percepire gli stessi redditi familiari prima della crisi sanitaria.

Indagando più a fondo, si scopre che due sono le categorie che più hanno risentito della pandemia da un punto di vista lavorativo: i giovani e le donne.

Sempre secondo il Censis, questi due gruppi rappresentano il 76% dell’occupazione andata in fumo, avendo perso all’incirca 457.000 posti di lavoro.

Gli italiani, confermando l’etichetta di “buoni risparmiatori”, hanno deciso di salvaguardare il loro patrimonio aumentando la liquidità nei loro portafogli finanziari di ben 41,6 miliardi di euro, disinvestendo da azioni e obbligazioni e rimandando la contrazione di debiti per le loro necessità, il tutto in una cornice in cui il PIL è crollato del 18% in termini reali rispetto allo scorso anno.

Spostandoci sulle conseguenze sociali della pandemia, scopriamo che il 73,4% degli italiani indica come sentimento prevalente la “paura dell’ignoto e l’ansia”.

Questo porta il 57,8% di essi a rendersi disponibile a rinunciare alle libertà personali, lasciando al Governo le decisioni su cosa si può fare e cosa no, dove si può andare e dove no, chi si può incontrare e chi no.

Può sembrare che siano molti i politici e cittadini che criticano o considerano insensate le misure adottate dal Governo, eppure scopriamo dal Rapporto che il 79,8% degli italiani chiede di non allentare le restrizioni durante le festività o addirittura di inasprirle.

Sale invece al 90,2% la percentuale di convinzione che l’emergenza sanitaria e il lockdown abbiano ampliato le disuguaglianze sociali già esistenti, danneggiando maggiormente le persone più vulnerabili:

ci sono infatti 582.485 individui in più che vivono nelle famiglie che percepiscono sussidi mentre, dall’altro lato, troviamo 1.496.000 individui con una ricchezza che supera il milione di dollari (circa 840.000 euro), di cui 40 miliardari che hanno visto il loro patrimonio crescere durante la pandemia.

Bocciato è l’esperimento della didattica a distanza:

secondo il 74,8% dei dirigenti scolastici la DAD ha ampliato il gap di apprendimento tra gli studenti, anche se il 95,9% è d’accordo sul fatto che sia stato un esperimento utile per l’insegnamento.

Per quanto riguarda lo smart working, l’82,5% delle PMI ritiene che in futuro nessun lavoratore potrà operare con questo regime, percentuale che scende al 66,4% tra le aziende di maggiori dimensioni. Complessivamente, si stima che circa 3,5 milioni di lavoratori opereranno in futuro con modalità nuove che non prevedono la presenza costante presso le sedi di lavoro.

Ulteriori comportamenti influenzati dalla crisi pandemica si traducono in un 37% di italiani che utilizza molto meno i mezzi pubblici, sostituendoli con macchina, bicicletta oppure spostandosi a piedi quando possibile. Ma il comportamento allarmante è che gli italiani fanno sempre meno figli: nel 2019 i nati in Italia sono pari a 420.170, ben 148.687 in meno rispetto al 2009. L’esito è quello di un paese che si sta rimpicciolendo con il rischio di una “generazione zero figli”.

“Il virus ha colpito una società già stanca”, si rileva:

“Quest’anno però siamo stati incapaci di visione” e “il sentiero di crescita prospettato si prefigura come un modesto calpestio di annunci già troppe volte pronunciati: un sentiero di bassa valle più che un’alta via”.

A differenza degli slogan speranzosi che riecheggiavano nei mesi passati, il 44,8% degli italiani è convinto che usciremo peggiori da questa pandemia; solo il 20,5% crede che questa esperienza ci renderà migliori. Non andrà tutto bene.

Federico Fontanelli

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