C’è una parte del discorso di Draghi in cui Sua Divinità è stato estremamente chiaro. E sulla quale una destra seria avrebbe dovuto insistere per giustificare una durissima opposizione: la politica estera. Già dalle premesse, Draghi è uscito dai binari. E di molto. Sostenendo, ad esempio, che dopo la guerra l’Italia ha compiuto una scelta a favore del campo occidentale che, per Sua Divinità, corrisponde agli Stati Uniti. Peccato che nessuno abbia scelto, che il campo di appartenenza sia stato imposto. E non è proprio la stessa cosa.
Ma una destra seria avrebbe anche rilevato che essere europeisti significa prendere autonomamente delle decisioni, a livello europeo. Essere atlantisti è la negazione di tutto ciò, è la riconferma del vassallaggio nei confronti di Washington. Il nuovo governo sarà europeista ed atlantista, secondo Draghi. In pratica farà gli interessi di Biden ed impedirà il rafforzamento dell’Europa. Una destra seria avrebbe potuto indignarsi, protestare. Ma dopo essere andati negli Usa a baciare la pantofola ai repubblicani, si è costretti a tacere.
Una destra seria avrebbe attaccato sul fronte del lavoro. Perché è giusto che le aziende decotte siano abbandonate e che non pesino più sulle tasse dei contribuenti. Ma è una solenne idiozia pensare che chi produce bulloni da una vita si trasformi, dall’oggi al domani, in un produttore di cioccolato di qualità. Ancora più stupido sostenere che lavoratori ultracinquantenni, impegnati da sempre a stampare lamiera, possano essere riciclati in ingegneri nucleari con un apposito corso di formazione.
È evidente che la trasformazione dell’economia in direzione di un’industria sostenibile, innovativa, lascerà sul campo milioni di addetti senza lavoro. Ciò non significa che non si debba procedere in questa direzione, ma occorre avere la consapevolezza dei costi. Materiali, ma anche umani, sociali.
Una destra seria avrebbe reagito con proposte che potessero andare al di là di “più soldi per tutti”. E avrebbe incalzato Draghi sulle interessanti e condivisibili dichiarazioni sull’importanza della cultura umanista anche a livello economico. Perché le premesse e le promesse sono da applausi. Ma come si conciliano con la conferma del pessimo Franceschini come ministro alla Cultura? Però una destra seria avrebbe investito, in questi anni, proprio sulla cultura. Invece di considerarla come un fastidio di cui liberarsi il più in fretta possibile.
Avrebbe riunito competenze, professionalità, intelligenze. Che potessero confrontarsi, anche da posizioni differenti. Impossibile? Forse alle destre di partito, dove le carriere magari seguono altri canali. Perché, al di fuori, è nato l’Arsenale delle idee che proprio questo pomeriggio organizza una videoconferenza per un’analisi delle prospettive del governo Draghi. Con interventi di Gennaro Malgieri, Mauro Mazza, Massimo Magliaro, Federico Gennaccari, Giovanni Vasso. Coordinati da Manuela Lamberti e Raffaele Zanon.