A pochi giorni dal voto per il primo turno delle presidenziali francesi, Emmanuel Macron comincia ad avere qualche dubbio sulla propria riconferma. Il coraggioso, ma fallito, tentativo di mediare tra russi ed ucraini, potrebbe costargli caro. Perché la mancanza di un ruolo internazionale, su cui ha sempre contato nei suoi anni da presidente, sposta l’interesse dei francesi su questioni concrete, come l’aumento del costo della vita e la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie.
Macron uscirà dal primo turno in testa, a meno di clamorosi ribaltoni, ma sarà incalzato da Marine Le Pen. I sondaggi danno il presidente in carica in vantaggio di 7 punti, 28 a 21%. Ma l’altro candidato di destra, Zemmour, potrebbe conquistare l’11% e la neogollista Pécresse il 10%. Con altri candidati minori che raccolgono piccole percentuali, al secondo turno la rappresentante delle destre allargate potrebbe arrivare al 45/46%.
Macron dovrebbe sperare, invece, nel soccorso rosso e rosa, ma anche verde. Il problema, per lui, è che la sinistra vera, quella di Mélenchon, potrebbe conquistare il 15%. Ed è difficile che tutto il bottino di voti del primo turno possa spostarsi su Macron al ballottaggio. Anzi, una parte non irrilevante potrebbe preferire Le Pen e la sua politica definita “socialista” da Zemmour.
Proprio perché Marine ha glissato sulle questioni internazionali – d’altronde, non avendo alcun ruolo, sarebbe sembrata fuori luogo – ed ha puntato sulla situazione interna, a partire da quella economica e sociale.
Temi che possono essere accantonati momentaneamente sino a quando la Francia riesce ad essere protagonista sulla scena mondiale. Ma quando inizia a perdere posizioni anche in Africa, allora il fronte interno torna a pesare. E Macron cerca di riguadagnare consensi tra gli agricoltori proprio mentre vuole imporre un impopolare aumento dell’età della pensione.
Ed il resto della sinistra? Inesistente, privo di idee, irrilevante.