«La dipendenza dal gas russo è il risultato delle mancate scelte del nostro Paese sui temi delle politiche energetiche e della necessaria diversificazione delle fonti, come hanno saputo fare meglio di noi altri in Europa. Negli ultimi decenni l’Italia è stata la patria dei veti della sindrome Nimby». È quanto denuncia oggi il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, in una lunga intervista su “Il Messaggero”. Alla domanda se si riferisce ai professionisti del “no” il leader Cisl risponde: «Esatto, e del furore ideologico, cavalcato da movimenti sociali e politici. Conservatorismi senza senso che di fatto hanno bloccato la modernizzazione e lo sviluppo nazionale. Oggi paghiamo il prezzo di aver detto “no” al carbone, ai rigassificatori, alle trivelle nell’Adriatico, alle rinnovabili, di aver rallentato e depotenziato idrogeno, Tap, persino le biomasse. Il risultato è che la produzione italiana di gas è crollata da 30 miliardi di metri cubi del 1991 a 3 miliardi di metri cubi circa nel 2021 quando il fabbisogno nazionale è stimato in 72 miliardi di metri cubi all’anno. Una cosa assurda». Per Sbarra «serve un nuovo piano energetico che poggi sulla diversificazione degli approvvigionamenti. Bisogna essere realisti. La decarbonizzazione è un obiettivo importante e condivisibile, ma richiede gradualità: le energie rinnovabili, per quanto fondamentali, non basteranno a sostituire i combustibili fossili. Bisogna aumentare l’estrazione domestica di gas e allacciare nuove partnership commerciali, investire sui nuovi combustibili verdi, sulle economie circolari, sull’incremento dell’efficienza energetica e sul riuso degli scarti industriali, rispetto ai quali abbiamo tante eccellenze nazionali». Alla domanda seil sindacato si sia schierato dalla parte di chi bloccava, il leader Cisl replica: «Guardi, la Cisl si è sempre battuta contro questa logica dei “no” a prescindere. Siamo stati in prima fila nel difendere la costruzione di importanti infrastrutture logistiche ed energetiche come la Tav in Val di Susa, la Gronda, o il Tap in Puglia, che porta il gas dall’Azerbaigian. Noi pensiamo che il ruolo del sindacato ed anche della politica non debba essere quello di strizzare l’occhio al populismo o alla demagogia falso-ambientalista». A proposito dei no al termovalorizzatore proposto dal comune di Roma, Sbarra è netto: «Mi pare che il sindaco Gualtieri abbia dichiarato la propria disponibilità ad aprire un tavolo di confronto con tutti i sindacati sulle scelte in materia di raccolta dei rifiuti. Una disponibilità importante e condivisibile, a cui noi rispondiamo con convinzione. Confrontiamoci sul progetto, sui contenuti, sui dati in modo responsabile e trasparente e sosteniamo insieme investimenti ed innovazione senza pregiudizi e veti. Stiamo parlando di una grande capitale europea che da anni vive una situazione di ritardi ed omissioni gravi su questo tema. È sbagliato porre ostacoli preventivi. Occorre un approccio pragmatico rispettoso dell’ambiente ed attento alla salute dei cittadini per dotare finalmente anche Roma di un sistema di raccolta, trasformazione e smaltimento efficiente e sicuro. Il termovalorizzatore può essere una soluzione economicamente sostenibile e portare profitti alla città. Discutiamone senza pregiudiziali». Infine sul patto proposto da Draghi alle parti sociali per evitare una spirale prezzi-salari. «È importante che il premier Draghi abbia indicato alle parti sociali l’obiettivo di un patto sociale, una strada auspicata da tempo dalla Cisl, per accelerare gli investimenti pubblici e privati, difendere i salari e le pensioni dalla fiammata inflazionistica, puntare alla qualità e stabilità del lavoro. La sfida è sostenere subito il potere d’acquisto ed i consumi senza far ulteriormente crescere l’inflazione. Non dobbiamo consegnarci ad automatismi demagogici o ad interventi legislativi sul salario che non farebbero che peggiorare la situazione. Bisogna lavorare ad una nuova politica dei redditi che metta al centro le ragioni della crescita e della sua distribuzione», conclude Sbarra.