L’acquisto sul mercato estero di immunoglobuline nel 2021 ha pesato sulle casse del Servizio
Sanitario Nazionale per oltre 117 milioni di euro, con un aumento di circa il 26% nell’arco degli ultimi
cinque anni. Sono alcuni dei dati del Centro Nazionale Sangue che in questi giorni ha dedicato al
tema del plasma e della disponibilità di medicinali plasmaderivati il simposio scientifico
internazionale intitolato “The supply of plasma-derived medicinal products in the future of Europe”,
organizzato in collaborazione con FIODS, Federazione Internazionale delle Organizzazioni di
Donatori di Sangue.
Le immunoglobuline sono farmaci plasmaderivati che servono a trattare le più svariate patologie,
tra cui le immunodeficienze primitive e le malattie autoimmuni, e possono essere prodotte tramite
la lavorazione del plasma donato dai donatori italiani. Le donazioni di plasma, contrariamente a
quanto succede con i globuli rossi, non bastano però a coprire il fabbisogno nazionale e quindi l’SSN
è costretto a ricorrere al mercato estero, in particolare a quello degli Stati Uniti, paese leader nella
produzione, che da solo occupa circa il 60% del mercato globale.
Quella del plasma è una situazione delicata, resa ancor più complessa dalla diffusione della variante
Omicron del Covid-19 che ha portato, nei primi tre mesi del 2022, a un calo nella raccolta in Italia
di circa il 6% rispetto all’anno passato. Il dato negativo ha riguardato principalmente i primi due mesi
dell’anno, mentre a marzo ci si è mantenuti su livelli stabili. Ma l’obiettivo dell’autosufficienza resta
ancora lontano e l’incidenza del costo dell’importazione di plasmaderivati è sempre più rilevante,
basti pensare che nel 2020 rappresentava circa il 3,4% della spesa farmaceutica totale del SSN,
mentre nel 2019 l’indice era appena del 2,5%.
La pandemia di Covid-19 ha portato, tra i suoi vari effetti, anche a una diminuzione della raccolta
negli Stati Uniti e questo, insieme al costante aumento della domanda di immunoglobuline ed altri
farmaci plasmaderivati ha comportato anche un aumento di prezzo. Per esempio, il costo delle
immunoglobuline ad uso endovenoso è cresciuto dal 2017 al 2021 di circa il 22%, passando da 38 a
più di 46 euro al grammo.
Per dimostrare la dipendenza dell’Italia e di tutta l’Europa dal mercato statunitense basta un dato.
Nel 2020 il vecchio continente ha segnato un deficit tra la domanda di immunoglobuline e il volume
di plasma raccolto per la loro produzione di circa il 40%, in sostanza le stime di plasma raccolto in Europa si attestano sui 8,3 milioni di litri quando ne servirebbero quasi 14 per soddisfarne la richiesta.
“Il valore dei medicinali plasmaderivati è inestimabile ma quando c’è di mezzo il mercato un prezzo da pagare c’è sempre – ha dichiarato in apertura dei lavori il direttore del Centro Nazionale Sangue, Vincenzo De Angelis – Questo perché il plasma donato è una risorsa strategica ma limitata. Incontri come questo possono fornire un contributo significativo al sistema plasma, attraverso contributi ed esperienze a confronto, in vista di un grande obiettivo, che è quello dell’autosufficienza a livello nazionale e di un equilibrio del mercato a livello internazionale”.
“L’esperienza del Covid-19 ci ha insegnato l’importanza del lavoro delle piccole comunità e l’importanza di collaborare con i partner a livello internazionale, in una sorta di “Glocality” che deve valere anche per il sistema plasma – ha commentato il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro che ha voluto ricordare anche l’importanza di avere “un sistema basato su una donazione volontaria, capillare e non remunerata e di un utilizzo strategico dei medicinali plasmaderivati, soprattutto delle immunoglobuline. Ma bisogna sottolineare il grande valore solidaristico dei programmi di cooperazione internazionale che permettono di inviare a paesi che ne hanno bisogno medicinali plasmaderivati in eccedenza al fabbisogno nazionale”.