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Cultura

“Atala e Chactas”. A Castel Thun la mostra dedicata al gruppo scultoreo di Innocenzo Fraccaroli

Venerdì 27 maggio ad ore 17.30 verrà inaugurata a Castel Thun la mostra dossier dedicata ad una delle più belle sculture realizzate a metà Ottocento dallo scultore Innocenzo Fraccaroli

Venerdì 27 maggio ad ore 17.30 verrà inaugurata a Castel Thun la mostra dossier dedicata ad una delle più belle sculture realizzate a metà Ottocento dallo scultore Innocenzo Fraccaroli, il gruppo scultoreo di “Atala e Chactas”.

La mostra, curata da Roberto Pancheri e allestita nel Torrino che un tempo ospitava la Biblioteca di Castel Thun, intende proporre un focus su una delle più pregevoli sculture di tema profano approdate nel corso del XIX secolo in Trentino, il gruppo scultoreo di Atala e Chactas di Innocenzo Fraccaroli (Castelrotto di Valpolicella 1805 – Milano 1882): un “bacio” tra i più seducenti dell’Ottocento italiano, che si colloca agevolmente accanto all’icona romantica ideata nello stesso torno d’anni da Francesco Hayez.

Acquisita dalla Provincia autonoma di Trento nel 2011, l’opera proviene dalla collezione dei baroni Salvotti de Bindis di Mori, dove è documentata a partire dal 1928. Essa era stata commissionata, con ogni probabilità, dal giudice Antonio Salvotti (Mori 1789 – Trento 1866), controverso protagonista della storia politica e istituzionale del Regno Lombardo Veneto, ma anche raffinato collezionista d’arte: una passione che condivideva con la moglie, la pittrice accademica Anna de Fratnich (Trieste 1789 – Milano 1837), personalità che lo stesso Fraccaroli ritrasse in un busto in marmo firmato e datato 1837, tuttora conservato in collezione privata trentina.

Il soggetto della scultura è tratto da uno dei più fortunati romanzi dell’Ottocento, Atala ou les amours de deux sauvages dans le désert di François-René de Chateaubriand. Il libro, pubblicato a Parigi nel 1801, fu subito tradotto nelle principali lingue europee e venne continuamente ristampato in tutta Europa, fino a diventare un classico della letteratura francese, oltre che uno degli incunaboli della letteratura romantica. Ispirato al mito rousseauiano del “buon selvaggio”, il romanzo narra dell’amore appassionato e tragico di due giovani nativi americani, Atala e Chactas.

Fuggiti insieme nella foresta, i due avvertono una naturale attrazione ma sono divisi dalla morale religiosa: Chactas è infatti pagano, mentre Atala è cristiana. Per non contravvenire a un voto di castità pronunciato sul letto di morte della madre, temendo di non resistere a una passione che ritiene peccaminosa, Atala assume del veleno nel momento stesso in cui sta per compiersi il loro primo amplesso.

La storia – che associa al patetismo della vicenda l’ambientazione esotica tra le foreste della Louisiana – conobbe una grande fortuna nelle arti figurative, a partire dal celebre dipinto di Girodet-Trioson raffigurante Il seppellimento di Atala, presentato al Salon parigino del 1808 e oggi conservato al Louvre.

Il gruppo di Fraccaroli costituisce senza dubbio la più riuscita interpretazione artistica del soggetto offerta da un artista italiano. Erede del classicismo canoviano e interprete, al contempo, della nuova sensibilità romantica, lo scultore veronese si cimentò con il tema di Atala fin dal 1846, anno in cui la prima versione della statua comparve in mostra all’Accademia di Brera, suscitando vasta eco ed entusiastiche recensioni.

L’esemplare Salvotti – l’unica redazione in marmo finora rintracciata – reca la firma e la data del 1853 e può essere identificato con la replica autografa che fu inviata alle Esposizioni Universali di Parigi del 1855 e del 1867.

Accanto ai ritratti di Chateaubriand e del giudice Antonio Salvotti, in mostra sono presenti materiali fotografici e librari attinenti alla statua e alla sua fonte letteraria, tra cui alcune edizioni ottocentesche dell’Atala e del Genio del Cristianesimo, l’opera più programmatica dello scrittore francese, nella quale confluì anche il suo romanzo americano. Notevole in particolare l’edizione milanese del 1887 illustrata da Gustave Doré.

(Fonte: Provincia Autonoma di Trento)