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Pensieri in Libertà

Come fronteggiare la guerra russoamericana che ci chiude a tenaglia e mira a stritolarci

Nel racconto di Esopo “I due nemici” l’uomo seduto a poppa della nave che stava affondando, visto che il suo avversario, seduto a prua, sarebbe annegato prima, affermava:  “La morte non è più dolorosa, se sto per vedere il mio nemico annegare prima”.

Da giorni si assiste al duello tra gli esperti per stabilire chi fallirà per primo e chi soffrirà di più tra la Russia e l’Europa (in particolare l’Italia ancora una volta la meno attrezzata).

Non sappiamo quanto possa essere di sollievo che i russi, che se la sono ampiamente meritata, dovranno fare fronte a un’inflazione ben maggiore di quella che ci riguarderà e che sembrano destinati a subire molti più danni di noi. Ammesso che siano loro seduti a prua e che non lo si sia invece noi, l’azione a cui Putin si è prestato ci destina comunque entrambi ai flutti. Se la Russia è complice oggettiva degli americani, non vi è dubbio che quella di oggi – con sacrificata Ucraìna – sia una guerra all’Europa che segna un ennesimo trionfo angloamericano con annessa crescita di players terzomondisti alla faccia nostra e dell’incauto Cremlino.

Americani, cinesi, indiani
Già ai primi di aprile nella Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung si faceva notare che – con le sanzioni  – si metteva a rischio “un rifornimento energetico importante e competitivo per la Germania e l’Europa”. Una scelta disastrosa visto che “gli americani potranno comprare il gas a un sesto del prezzo e i cinesi e gli indiani, che non aderiscono alle sanzioni, possono già produrre con costi inferiori del 20%”. In poche parole la giustezza dell’analisi di quasi tutte le intelligences (italiana, cinese, indiana, iraniana) per la quale Putin si starebbe muovendo per paralizzare l’Europa e allontanarla dall’IndoPacifico favorendo consapevolmente Biden (ma anche la City…) si può verificare agevolmente. E non si limita alla guerra economica, finanziaria ed energetica alla Russia – che è in realtà all’Europa – c’è dell’altro.

La minaccia africana
Il blocco del porto di Odessa, l’incetta e perfino la distruzione del grano ucraìno stanno provocando una tempesta demografica in Africa che da quel grano dipende. Putin, in perfetto stile mafioso, ha ricattato l’Europa, minacciando di subissarla di ondate migratorie.
E qui entra in gioco la delega americana ai russi in Libia e perfino in Mali dove – con un golpe – gli Usa hanno permesso loro di soppiantare i francesi e di aprire quindi un varco nel Sahel.
Tra i russi che fanno il loro gioco da una parte e gli avversari locali dei mercenari di Wagner, degli islamisti definiti vicini ad Al Qaeda e dunque sotto diretta influenza statunitense, dall’altra, gli americani stanno chiudendoci su tutti i lati e ci stanno stritolando. Da un lato, sempre grazie a Putin che dovrebbe proprio essere eletto l’uomo dell’anno per il Pentagono e per Wall Street, ci ricattano con la tensione bellica e con la delega agli inglesi della leadership nell’Europa dell’est; dall’altro, a sud, ci bloccano gli sfoghi geo-economici e ci minacciano demograficamente in modo disastroso.

Cedere ai mafiosi di Mosca?
Si dovrebbero quindi abbandonare le sanzioni? Si dovrebbe scodinzolare davanti ai mafiosi di Mosca e ai macellai di Bucha? È quello che auspicano i vigliacchi, i prezzolati e i servi.
Ma non è questo il modo per uscire dalla trappola perché è sotto gli occhi di tutti che i russi non hanno alcuna intenzione di ragionare.
Per la loro interdipendenza con la Russia i tedeschi sono quelli che più di tutti – ma paradossalmente meno di noi – hanno da perdere in questo contenzioso, voluto dalle élites americane, temuto non poco dagli analisti russi, ma perseguito egualmente dal capo del Cremlino.
Su Handelsblatt fanno notare che così facendo andremo incontro a un disastro e per uscirne chiedono alla Cina di porsi come interlocutrice e mediatrice. Non intendono quindi abbandonare la triangolazione nell’IndoPacifico che è una delle principali ragioni per le quali gli americani ci stanno combattendo mediante la fanteria russa.
Frank Appel, amministratore delegato di Deutsche Post, propone invece una linea  più chiara.
“Che cos’è che alla fine fece cadere la cortina di ferro? Il riarmo massiccio di missili Pershing 2. Da giovane ho manifestato contro questo riarmo, ma mi sbagliavo come tanti altri giovani. I missili Pershing 2 provocarono il crollo del Patto di Varsavia”.

Fermezza su due fronti
L’analisi è sbrigativa perché a fare implodere l’Urss, vittima delle sue contraddizioni, fu una miscela di cose. Innanzitutto l’interruzione dei finanziamenti americani, dovuto all’insensata pretesa russa di far pipì fuori dal boccale infilandosi in zone strategiche non affidate a Mosca dal patto di Jalta (l’Afghanistan); poi dall’escalation di spese militari, in particolare lo Scudo satellitare; inoltre l’azione della Chiesa e della nascente potenza tedesca che si permise letteralmente di comprarsi il Cremlino.
Ciò premesso, la considerazione di Appel è corretta.
In questa spirale di guerra economico-energetica potremo anche vedere affogare prima i russi, ammesso che ciò accada, ma finiremo comunque con l’annegare anche noi.
Cedere da servi vigliacchi  alle prepotenze degli invasori seriali dell’Europa dell’est non è un’opzione degna dal punto di vista morale e, per giunta, non sarebbe risolutiva, anzi, probabilmente peggiorebbe il quadro finale.

Sevirebbe invece, con la velocità del fulmine, la realizzazione di una sorta di Legione Straniera europea, autonoma dai comandi Nato, da inviare in un Ucraìna da potenziare militarmente.
A quel punto, sulla base della fermezza, si potrebbe trattare con Mosca e anche accantonare quelle sanzioni che sono controproducenti senza fare con ciò la parte degli italiani degli ultimi 79 anni. Cosa che non so quanti popoli in Europa, a parte noi, sarebbero disposti a fare.
Bisogna però capire bene che siamo oggetto di una guerra russo-americana contro di noi che va affrontata su ambo i fronti: dissuadendo militarmente i russi e sventando le mosse economico-energetiche degli americani.

Gabriele Adinolfi