L’idrogeno verde prodotto da fonti rinnovabili rappresenta un’alternativa pulita ai combustibili fossili tradizionali e può contribuire alla transizione energetica. La grande sfida dell’idrogeno green è stata al centro dell’incontro organizzato dalla FEM, oggi, presso il Dipartimento di Economia. L’incontro è partito da una premessa fondamentale: attualmente l’idrogeno è prodotto principalmente da combustibili fossili, generando grandi quantità di emissioni clima-alteranti. In questo contesto l’agricoltura e le foreste possono svolgere un ruolo importante perché scarti di lavorazione, sottoprodotti, reflui, così come i prodotti legnosi ricavati da foreste, che in Europa sono in aumento, possono essere destinati alla produzione di idrogeno.
Introdotto dal prof. Mario Pezzotti, dirigente del Centro Ricerca e Innovazione e moderato dal giornalista del Sole 24 ore, Jacopo Giliberto, l’incontro ha visto intervenire il prof. Franco Cotana, Università di Perugia, membro del Comitato Tecnico-Scientifico FEM e fondatore del CRB, Centro di Ricerca sulle Biomasse, istituito dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio presso l’Università di Perugia, la dott. Gabriella De Stradis, Capo della Segreteria tecnica del Direttore dell’Agenzia Nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali.
L’idrogeno verde da biomasse rappresenta, dunque, una grande sfida per il futuro, come ha evidenziato il prof. Franco Cotana. Il fondatore del centro di riferimento Italiano per la ricerca sui biocarburanti e le biomasse ad uso energetico, ha evidenziato che nella transizione energetica oltre all’efficienza nell’uso dell’energia, circa il 30% dei consumi nazionali potranno essere soddisfatti con le bioenergie. “In particolare dal legno rinnovabile – ha evidenziato Cotana – con prelievi sostenibili da boschi e foreste (oggi in Italia sfruttato per meno del 30% contro una media Europea del 75%), oltre che dal biometano è possibile ottenere bio idrogeno verde a basso costo (meno di 3 al Kg). Le tecnologie (Steam Gasification e Steam reforming) che utilizzano l’energia delle biomasse sono le uniche che consentono di catturare nel biochar e nel compost una quota di CO2 che sottratta dall’atmosfera viene immagazzinata nel terreno.
Il bosco – ha detto Cotana- è una miniera di ricchezza anche per produrre energia e la Fondazione Edmund Mach può svolgere un ruolo fondamentale in questo ambito di ricerca grazie all’esperienza e competenze maturate in questi anni.
L’idrogeno è divenuto oggetto di una fitta programmazione nazionale e non solo. La dott. Gabriella De Stradis ha spiegato che le evoluzioni delle condizioni climatiche, l’agenda 2030 e gli ambiziosi obiettivi che buona parte dei Paesi del mondo hanno assunto nella COP26, ne hanno profondamente influenzato le scelte strategiche. “Attraverso il PNRR e gli Important Projects of Commom European Interest – ha evidenziato la dottoressa a capo della Segreteria tecnica del Direttore dell’Agenzia Nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali- l’Italia ha puntato a investire considerevolmente in progetti di ricerca e sviluppo incentrati sul vettore per una rapida transizione verso l’energia pulita, mentre REPowerEU detta le regole per l’affrancamento dai combustibili fossili”.
Il prof. Mario Pezzotti, dirigente del Centro Ricerca e Innovazione, ha spiegato che “la FEM potrà svolgere un ruolo importante nella grande sfida dell’idrogeno verde, grazie alle capacità, alle competenze e all’attività sinergica di tre unità di ricerca: l’unità di bioeconomia che studia le potenzialità delle biomasse, l’unità di ecologia forestale che studia l’ecosistema bosco in funzione dei cambiamenti climatici e l’unità di tracciabilità che potrà tracciare l’idrogeno e certificarne l’origine verde. Un patrimonio strumentale e di competenze in grado di valorizzare gli ecosistemi dell’agricoltura e delle foreste del Trentino in questa grande opportunità.
Fotoservizio Ufficio Stampa PAT(sc)