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Editoriali

Occidente: un concetto di cui si straparla, quasi sempre a vanvera

Il concetto di Occidente precede di molto il tempo in cui venimmo a conoscenza dell’America.
Nell’ultimo secolo della sua storia ci furono un Impero Romano di Occidente e uno di Oriente che, peraltro, con quel nome, durò ancora un millennio.
Si ebbe sempre consapevolezza della differenza di concezioni tra occidentali e orientali.
Poco importa stabilire quanto esse fossero culturali, genetiche, climatiche, dettate da ambienti geografici o dalla relazione con il sole, la luna e finanche il destino.
Che si parta dall’idea di una Tradizione primordiale o meno, ovvero di una provenienza dal, oppure di una convergenza universale al, sacro, le tipologie si sono comunque manifestate molto diversamente. Teocratico l’Oriente, politico l’Occidente; collettivo l’Oriente, personalizzato l’Occidente, fatalista l’Oriente, positivo l’Occidente, peraltro molto più rapido nelle scelte, con il rovescio della medaglia del positivismo e della superficialità, difetti che si discostano dalla passività inerte che è il contraltare dell’esistenza orientale. Non solo si sono differenziate di molto le concezioni sociali e le aspirazioni di libertà in Oriente e in Occidente, ma anche il rapporto con lo Spazio e con il Tempo. Emblematico in tal senso è il richiamo all’Età dell’Oro che qui si esprime nella Dottrina delle Quattro Età (relazione privilegiata con il tempo) e lì con quella delle Quattro Caste (spaziale, plastico più che temporale).

Oriente e Occidente possono convivere?
In parallelo e in complementarietà. Perché le particolarità hanno il loro modus che non può esser cambiato, pena le utopie mondialiste e il disastro distopico, però esistono delle identità, non solo sacrali e simbologiche (si pensi all’universalità della Svastica), che s’incontrano in alto, nelle selezioni, sia sciamaniche o filosofiche, sia guerriere: Samurai, guerrieri Sioux, Arditi, Zulu.
L’iniziazione ai Grandi Misteri Egizi insegnava proprio questo: questa identità in alto si poteva raggiungere solo se si era seguito in pieno il proprio percorso e ci si era modellati sul proprio modello. L’universalità è in alto, in basso si chiama magma informe.
È anche avvenuto che guerrieri di altissimo rango, combattendosi e uccidendosi tra loro, trovassero il modo e il tempo per pause in cui scambiarsi perle di saggezza, come nella Crociata di Federico II fecero i migliori di ambo i fronti.

Occidentali?
Questo per dire che, qualsiasi cosa si pensi noi dell’Occidente odierno, il solo modo che abbiamo di venirne fuori è di venirne a capo, qui, da occidentali, e non in altro modo perché non siamo individui globalizzati.
Solitamente non uso il termine occidentale perché da quando la nostra decadenza si è manifestata anche nella traslazione del nostro centro “civilizzazionale” più a Ovest (ovvero in America) ritengo che si debba rivendicare la nostra profonda e radicata alterità nell’opposizione Europa-Occidente.
Poiché ultimamente quest’opposizione ha preso strade sbagliate e si è avvitata su se stessa, penso che si debba puntualizzare e non cedere di un millimetro nel significato.

Decadenti
L’Occidente che decade non lo fa solo perché è dominato dall’America; anzi oserei dire che è dominato dall’America perché decade. Nell’età moderna si sono perdute un po’ ovunque l’antica saggezza e l’antica naturalezza per cui non è solo l’Occidente che decade, è il mondo, e ognuno lo fa a modo suo.
Noi decadiamo per un insieme di fattori, che vanno dall’esasperazione delle nostre qualità (individualismo e libertà), alla nostra sazietà, avendo comunque dominato il mondo, sia pure con interruzione medioevale, per due millenni, avendo prodotto tecnologia vincente ed essendoci esauriti demograficamente, un po’ come Roma sedici secoli fa, un po’ come la mitica Atlantide.
Ci siamo poi riempiti di veleni ideologici che incoraggiano la nostra indolenza.

Gli altri non stanno meglio
Per quanto ci facciamo i film sulla trama “l’erba del lontano è marijuana”, se ci guardiamo attorno, oggi possiamo trovare sì e no una maggior fermezza morale in Giappone – ma molto decadente rispetto al modello nipponico – e alcuni rigurgiti reazionari trinariciuti in diverse zone sostanzialmente retrograde, contrassegnate però da fondamentalismi religiosi aberranti.
Tutte le società fuor dall’Occidente anelano il modello occidentale, lo copiano, generalmente in peggio. La Russia per esempio ha quasi tutti i nostri difetti e quasi nessuna delle nostre qualità.

L’oro
Cosa insegna la favola di colui che aveva girato il mondo in cerca dell’oro e lo trovò solo scavando nel suo giardino? Esattamente questo: che non ci sono salvezze che vengono da fuori e che tutto dipende sempre e solo da te.
Il primo nemico sei tu, è la mia massima: essa significa che devi fare i conti con te stesso e diventare ciò che sei per poi fartene carico, per i padri e per i discendenti.

Infelici
Se invece te ne stai a elemosinare l’intervento di settimi cavalleggeri di qualsiasi origine o provenienza e passi il tuo tempo a sputare su tutto quello che ti circonda, non per cacciare i mercanti dal tempio, non per purgare con l’olio di ricino, non per tracciare un nuovo solco, non per fare appello alle energie nascoste, non per ricollegarti al simbolo e al sacro, non per metterti alla prova, non per difendere il tuo seme e lo spazio sacralizzato dai tuoi padri, anzi invocandone la fine, allora sei un tantino scemo.
Un individuo infelice della vita che conduce perché incapace di felicità, che sputa per questo veleno e rancore e contrabbanda la sua infermità con un antagonismo irriducibile: alla buona natura!
Se questo è il tuo caso vuol dire che tu il primo nemico non lo hai mai combattuto ed è lui che ti corrode le viscere mentre cerchi di individuarne un altro fuori di te osteggiando – a chiacchiere – il quale, t’illudi di divenire qualche cosa. Ma continuerai a odiare tutto quel che più ti sta vicino perché in fondo è la tua appartenenza che odi, in quanto, non avendo avuto ragione sul peggio di te, non riesci ad appartenere a nessun lignaggio e sei roso dall’interno.

Ingannati
Tra quelli che vogliono “combattere l’Occidente” e “distruggere (quest’) Europa” posso concedere che esistano anche persone diritte che sono soltanto fuorviate da anni di bombardamento disfattista e psicotico. Mi riferisco a chi sogna un ciclo eroico o ha una visione romantica e mal sopporta chi oggi rappresenta il suo popolo e la sua cultura e vorrebbe spazzarlo via.
Giusto. Però questo non deve obnubilare, vale a dire che non si deve continuare a disprezzare solo quel che si vede e idealizzare tutto il resto. I difetti sono comuni a tutti e sono ben spalmati, con modulazioni differenti, certo, ma nessuno sta meno peggio di noi, anzi! Peraltro le frizioni tra Europa e Stati Uniti sono sempre maggiori e ben più significative di quelle puramente propagandistiche che dividono questi da altri players, compresa la Cina.
Se non si parte dal centro, dal sé, dal qui, dal reale, ma si attende una salvezza esterna, innanzitutto s’incorre in crolli etici assurdi, come la giustificazione a priori e a prescindere della macelleria che i russi stano compiendo su di un popolo europeo che vogliono annullare, con tanto di bandiere sovietiche, miti della “guerra patriottica” del 1945 contro di noi e di denazificazione.
È la Nemesi: se si abbandona la postazione per rivolgersi ad altri si finisce puntualmente nel tradimento e in questo caso addirittura senza senso.

Assiali o immondizie
La ragione è sempre la stessa. Se non si fa perno su di sé, se non si opera, ogni istante, per sacralizzare gli spazi e per muovere esistenzialmente le cose, si finisce nell’indifferenziato come ogm trans-identitari. È logico, così come è logico che all’ Occidente di oggi esiste una sola alternativa, che va creata e modellata ogni giorno: l’Europa.
Qualsiasi altro orientamento conduce nel Non-Essere.

Gabriele Adinolfi

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