Dan Peterson, semplicemente il Coach, che ha insegnato a tutti come si racconta il basket, al Festival dello Sport di Trento racconta Michael Jordan: “Per me, il numero uno!” In verità, spiega Coach Peterson, non si può facilmente dare un giudizio assoluto su un campione, perché ogni epoca ha i propri campioni con proprie specificità. “Sono fuori di testa gli snob intellettuali che affermano che MJ oggi non sarebbe all’altezza di giocare nell’NBA”.
Dan Peterson, classe 1936, ha visto con i propri occhi la grandezza di Jordan e non si parla solamente delle sue straordinarie altezza e prestanza fisica. “Se tu sei grande nella tua epoca, sarai sempre ricordato come tale. E non c’è un talento più grande di tutti i tempi al di là di Michael Jordan!”.
Per raccontare questo mito, Mister Peterson snocciola alcuni parallelismi con due altri grandi della storia del basket mondiale: George Mikan dei Minneapolis Lakers, il più cattivo in campo e il primo grande gigante in altezza (2,18 metri) che ha dominato la scena del basket professionistico mondiale dal 1946 al 1955 e Steve Kerr, compagno ma prima di tutto, grande avversario di Michael Jordan.
Il giorno di Natale del 1992, Dan va a vedere MJ giocare a Chicago: “i giocatori in campo erano tutti grandi campioni ma sembrava di vedere un uomo giocare con dei bambini”. Jordan, nell’NBA, è stato il più forte attaccante e allo stesso tempo, il più grande difensore di sempre. Emergeva in ogni ruolo e questo grazie alla sua straordinaria energia. “Molto esigente con i compagni, in campo viveva di stimoli e motivazione”.
Il Coach raccontando del suo primo e unico incontro con Jordan, presentatogli da Bogdan Tanjevic’ che dall’86 al ’94 allenò la Pallacanestro Trieste dice: “Mi fece una grande impressione. Una persona molto alla mano, nessun cenno di snobismo”.
MJ, una leggenda che ha fatto epoca, anche se non sempre sulla cresta dell’onda. Peterson fa riferimento agli anni in cui Jordan lasciò il basket per il baseball: “Come battitore ha fatto ben poco, lo avrei visto molto meglio come ricevitore” e per quanto riguarda gli aspetti più discutibili del suo stile di vita, per i quali fu aspramente criticato, il Coach aggiunge: “Rispecchiano la sua grande competitività. Ogni cosa che faceva era guerra e solamente i grandi campioni hanno questo fuoco dentro”.
Dan conclude il suo racconto su Jordan portando la testimonianza della sua grande intelligenza: “Capì il segreto del grande campione: preferire all’individualismo in campo, il coinvolgimento dei compagni. Li assisteva magicamente permettendo a tutti di segnare. I compagni si sentivano coinvolti da un grande come lui e questo favoriva anche l’autostima e lo spirito di ogni componente della squadra”.
Si può dire tutto di MJ, ma alla fine ci sono quei sei titoli vinti in NBA che parlano più forte di ogni cosa.
(ds)