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Editoriali

La sfida del destracentro è sulla scuola e la cultura

Non se ne sono andati. Tutti coloro che avevano annunciato il proprio esilio in caso di vittoria elettorale del destracentro sono ancora qui. Nessuno che voglia rinunciare alle comode posizioni ottenute grazie al sostegno della sinistra di governo e di un centrodestra pauroso ed incapace. Ma è proprio su questo fronte che si misurerà la voglia (e la capacità) di cambiamento del destracentro. “Smantelleremo la rete di potere creata dalla sinistra”: questa la promessa. E deve essere mantenuta subito.

Perché, sul fronte ministeriale, ci saranno mille scuse e mille alibi per nomine che lasceranno delusi coloro che hanno votato illudendosi su un cambiamento radicale. Ce lo chiede l’Europa, ce lo ordina Biden, ce lo impongono i mercati. Però non ci sono soltanto i ministeri economici e finanziari. La scelta dei responsabili dei dicasteri della Cultura e della Scuola saranno la cartina di tornasole della volontà di cambiamento del sistema di potere gauchista. Perché è nella scuola e con i progetti culturali che si incide sul cambiamento di mentalità degli italiani.

Ed è su questi fronti che il centrodestra ha sempre fallito. Scegliendo assessori alla Cultura incapaci, inetti, con il complesso di inferiorità nei confronti degli avversari. Entusiasmandosi per i programmi spazzatura (ma spazzatura politicamente corretta) propinati dalle reti Mediaset, rinunciando ad ogni cambiamento nell’informazione Rai dove ci si accontentava di nomine strapagate per gli amici che, arrivati ai vertici, non muovevano un dito e non cambiavano alcunché.

Ed imponendo ministri all’Istruzione capaci solo di creare malcontento tra docenti e studenti, senza incidere sui problemi della scuola e dell’università, senza una linea di pensiero.

Dai vertici ministeriali il fallimento, a cascata, si è esteso alle Regioni, ai Comuni, e poi alle istituzioni locali, alle manifestazioni, agli enti, alle associazioni. Il sistema di potere da smantellare, subito, comprende teatri, biblioteche, aggregazioni di ogni tipo, fiere, organizzazioni di eventi. Il centrodestra vincente ha continuato a nominare persone indicate dagli avversari. Persone che, con i soldi garantiti da assessori e presidenti regionali ottusi, organizzavano eventi e manifestazioni per sostenere il pensiero unico obbligatorio imposto da una sinistra spedita all’opposizione da elettori che avrebbero voluto iniziative di tutt’altro genere e orientamento.

Ora, con ritardo di decenni, il destracentro ha promesso di cambiare. Dunque non vedremo più la compagna D’Urso a Mediaset? Myrta Merlino emigrerà per inginocchiarsi e fare le sua campagne a favore della sinistra arcobaleno? Littizzetto e Fazio verranno sostituiti? Il Salone del libro di Torino scoprirà il pluralismo degli ospiti? Si finanzieranno film non approvati dalla minoranza lgtbq+++? Difficile crederlo. Ancora più difficile smantellare quel sistema di faziosità scolastica che prevede un indottrinamento a senso unico, e che ha portato – dopo il voto – all’immediata occupazione di un liceo a Milano per protestare contro questo sistema democratico che permette alla destra di vincere le elezioni. “Libertà, libertà è in quanto che comandate voi. Democrazia, democrazia, è roba vostra e non è mia”. Ma il gruppo che cantava queste strofe forse non è abbastanza politicamente corretto per chi vuol abbattere un sistema di potere senza cambiare nulla.