Giorgia Meloni è stata chiara. Il reddito di cittadinanza sarà cambiato in modo sostanziale: se da una parte sarà mantenuto l’aiuto a coloro che hanno il bisogno di sostegno economico in quanto soggetti fragili, non in condizioni di lavorare, per gli altri invece non ci sono prospettive diverse dal reintegro nel mercato del lavoro. Le persone interessate sono 660 mila. Oltre la metà.
Come riportato in giornata dalla agenzie di stampa secondo i dati dell’Agenzia nazionale politiche attive del lavoro, l’Anpal, i beneficiari del reddito di cittadinanza indirizzati ai servizi per il lavoro sono 919.916. Di questi, 173mila (18,8%) risultano occupati, 660mila (il 71,8%) sono tenuti alla sottoscrizione del patto per il lavoro. Questi sono esattamente coloro ai quali lo Stato, con il progetto di reintegro, non ha trovato collocazione, sono coloro che avrebbero dovuto ricevere delle proposte di lavoro per non rimanere nel giogo del reddito, ma non le hanno ricevute. Il rimanente, circa 86 mila persone, sono in riferimento ai servizi sociali o sono esclusi.
I dati sono ancora più chiari nel dettaglio in riferimento all’età: tra la parte minima, ovvero il 18,8% di cui sopra, che hanno trovato un lavoro, oltre la metà è a tempo indeterminato o in apprendistato. I giovani invece sono precari. Hanno contratti a tempo determinato o di altro genere a breve termine. Il punto dolente del mancato funzionamento del Reddito di cittadinanza si risolve nel fatto che dei 660mila beneficiari soggetti al patto per il lavoro ben 480 mila non hanno avuto alcun contratti di lavoro negli ultimi 36 mesi. Questi sono i dati definitivi di una soluzione, che era una novità, che non ha portato ad alcun miglioramento, di fatto, nel mondo del lavoro.
Non si può negare che il reddito abbia aperto alcune possibilità a chi non aveva soldi per poter fare delle scelte, ma a distanza di tutti questi anni emerge che, coloro che si sono collocati nel mercato del lavoro, sono molto meno del minimo indispensabile per poter difendere questa iniziativa che nel merito ha ricompattato il sistema salariale, lasciando alla porta le imprese che non seguono l’iter regolare per assumere personale (agenzia del lavoro, agenzia interinale), ma che ha aperto la strada anche a una nuova forma di truffa, ovvero il lavoro nero in concomitanza al reddito di cittadinanza, una maniera odiosa di tradire la fiducia.