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Il Post-It di Marco Vannucci: Il male ed il bene.

Il trillo del telefono è dolce, pacato, rassomiglia alla voce dall’altra parte del filo. Sei libero, domani? A chiedermelo è Franco, chiama da Padova. Mi libero, rispondo, dove dobbiamo andare? Uso il verbo al plurale, dobbiamo, poiché ho perso il conto dei nostri incontri e di tutte le volte che non s’è mai negato, ai miei inviti, per raccontare la storia di suo Padre, Giorgio Perlasca, il Giusto tra le Nazioni. Lo considero il mio fiore all’occhiello, l’ospito eccellente per il mio “Caffè letterario” nei vari teatri della Lombardia.

Andiamo in una scuola, risponde Franco. Bene, ci sarò, rispondo mentre penso: bravo Preside! La storia di suo Padre la conosco a memoria, ma ogni volta vivo l’incontro con emozione come se fosse il primo, ogni volta ho sempre una domanda diversa durante l’intervista. Raccontare Giorgio Perlasca non è facile, sai bene dovrai scontrarti con il mainstreaming di una parte politica devota al pensiero volutamente unico, non si può parlare bene dei fascisti: meglio non parlarne affatto. Giorgio Perlasca era un fascista. Quindi un bruto, un cattivo per eccellenza, un sessista, un omofobo, un razzista.

Giorgio Perlasca, inventandosi ambasciatore spagnolo lui che era un commerciante di carni, salvò –da solo- 5.500 ebrei dalla furia nazista sfidando anche il terribile Adolf Eichmann, lo sterminatore dei figli di Davide. Nessuno al mondo salvò tante vite quante Giorgio Perlasca. In silenzio, come nel silenzio tornò alla sua vita normale a guerra finita. Se non fosse stato per una delegazione ungherese in ricerca di Perlasca da anni (inizialmente lo cercavano in Spagna come Jurgen Perlasca), non ne avremmo mai saputo niente. Nemmeno la sua famiglia, neppure il figlio Franco.

Perlasca si rifugiò nel silenzio, probabilmente inconsapevole di agire secondo la regola del libro Sacro dell’ebraismo, il Tanakc: “esistono sempre al mondo 36 Giusti, nessuno sa chi sono e nemmeno loro sanno d’esserlo ma quando il male sembra prevalere escono allo scoperto e si prendono i destini del mondo sulle loro spalle e questo è uno dei motivi perché Dio non distrugge il mondo”. Finito questo periodo hanno la capacità e l’umiltà di tornare tranquillamente alla vita normale di tutti i giorni, non raccontando nulla di quanto fatto, per un semplice motivo: ritengono d’aver fatto solo il proprio dovere di uomini, nulla di più e nulla di meno.

Così agì Giorgio Perlasca, nessuna pubblicità postuma, nessun “grande fratello”, figurarsi se influencer come oggi pare vada di moda. Giorgio Perlasca era un Uomo, con la U maiuscola, ritenne di aver agito come ogni persona dovrebbe di fronte al male. E lui agì, salvando 5.500 persone e sfamandole andando a cercare aiuti in ogni dove, all’ambasciata italiana di Budapest come al Vaticano, perdendo la sua proverbiale timidezza e riservatezza. Firmava salvacondotti per gli ebrei falsificando timbri e quant’altro, il ghetto divenne la sua casa e per i ghettizzati il suo protettore.

A guerra finita, Perlasca, tornò rocambolescamente in Italia sbarcando a Napoli proveniente dalla Grecia, dopo aver attraversato la ex Jugoslavia, non gli fu facile neppure il ritorno. A Padova riprese la vita di sempre nel suo anonimato. Quando su di lui si accesero le luci della notorietà, suo malgrado una volta riconosciuto, lo Stato italiano avvertì il dovere di premiarlo, ma premiare un fascista non era cosa. Una medaglietta, spedita per posta con tanto di nota spesa da rimborsare. Perlasca guardò la medaglietta, forse la rigirò tra le mani due o tre volte, la rimise dentro la busta e la rispedì al mittente. Ci pensò il Presidente Cossiga, una volta eletto, a premiarlo come meritava; e ci pensò pure Minoli nel celebrarlo con la sua trasmissione Mixer.

Nel Giardino dei Giusti, in Israele, a Perlasca è dedicato l’angolo più bello ed il suo olivo il più ricercato. A Budapest gli hanno dedicato statue, giardini e vie. In Italia… Perlasca era un fascista. Un fascista per gli ottusi, per chi basta una declinazione al femminile per dichiararsi non sessisti, per chi non mosse mai un dito seppure sapesse, per chi il bene finisce nel proprio portafoglio, per chi un fascista rappresenta il male assoluto.

Pure quando fa del bene. Come Giorgio Perlasca.

Marco Vannucci