Se Gaio Giulio Cesare fosse rimasto a Roma se le sarebbero date tra di loro, probabilmente avrebbero vinto gli Elveti, e ciao ciao cugini. Diciamo la verità, per questi parenti mai detto popolare fu più azzeccato: dai parenti mi guardi Iddio… Cugini? Cuginastri, piuttosto. Incarnano quel tipo di parente snob capace di guardarti dall’alto verso il basso, attendendo il regalo, in cambio della loro caramella già ciucciata. E di regalie ne abbiamo elargite tante, masochisticamente contenti di farle.
Siamo italiani, siamo un popolo di santi, di navigatori e di babbei. Napoleone ci derubò dei nostri tesori e fummo compiaciuti, dedicandogli statue e piazze, ma ben prima del nano Corso fu Ludovico il Moro a pagare il tributo ai transalpini. Rubarono tutto, per buona pace degli Sforza. I galli, da noi, hanno sempre preso senza mai dare; paradossalmente si comportarono meglio gli austriaci costruendo ospedali e quant’altro, per non parlare dei greci antichi in Sicilia o degli spagnoli a Napoli, i francesi no. Loro hanno sempre e solo preso. Eppure ci ostiniamo nel definirli cugini tenendo in serbo per loro la migliore spigola, sempre ricevendo in cambio la lisca. Appuntita, per ferire. “E i francesi che s’incazzano” … Così canta Paolo Conte nella sua celeberrima Bartali, dedicata al Ginettaccio fiorentino, capace di correre il Tour contro la loro ostilità ed i loro agguati per farlo cadere. Bartali rimase in sella e vinse il tour, ma il 27 giugno del 1980 cadde il nostro Itavia sui cieli di Ustica, per una lisca esplosiva mortale, e caddero tutti coloro che avrebbero potuto testimoniare nei giorni successivi alla tragedia.
Dai parenti mi guardi Iddio… Monsieur, c’est la France, vive la France! E la loro grandeur, aggiungo. Quella grandeur capace di imporre, e di far pagare a noi, il trasferimento della UE da Bruxelles a Strasburgo, per 30 giorni, a colpi di 200 milioni di euro ogni anno. La Francia che s’incazza per accogliere 180 emigranti quando da noi ne sbarcano 180 ogni ora; la Francia democratica capace di mandare le ruspe sulla sponda della Senna spianando la riva e con essa gli emigranti; la Francia desiderosa di rompere i trattati dimenticando di non averne rispettato nemmeno uno per lo più pagando la decima parte dell’Italia in tema di immigrazioni.
Ma guai a richiedere i nostri soldi ai francesi, chi ci provo lo bombardarono all’istante e con lui la Libia intera. Colonialisti e razzisti capaci di coniare una moneta tarocca per non pagare chi schiavizza, sarebbe questa la legalité francaise? Quella legalité sventolata con la fraternité ad ogni piè sospinto? Ditelo al Popolo ebraico che ancor oggi si lecca le ferite della rivolta ventennale contro di loro, tra la fine del 800 ed il 1910 ben descritta da Jean Paul Sartre nel suo “L’ebreo”. Ditelo a loro. Ditelo al Popolo della Guinea, ditelo ai somali, ai camerunensi, ai nigeriani, ditelo agli isolani dell’oceano indiano.
A noi italiani dovete soltanto raccontare il perché delle marocchinate e la verità su Ustica, in compenso vi regaliamo le nostre opere trafugate ed il nostro oro da voi rubato. Sperando vi serva in medicine, cari cugini, perché “L’essere è e non può non essere”, come ripeteva il buon Parmenide.
Marco Vannucci