Home » Tra restanza e fuga dei cervelli: per l’Italia un 2023 lontano dai palazzi del potere
Editoriali

Tra restanza e fuga dei cervelli: per l’Italia un 2023 lontano dai palazzi del potere

Tra restanza e fuga dei cervelli. Il 2023 inizia, per l’Italia, all’insegna di un cambiamento sociale che i politici ignorano ed i chierici della disinformazione trascurano. Politici di ogni schieramento, a scanso di equivoci. La dimostrazione che chiudersi dentro i palazzi del potere o nelle cantine dei giornali non aiuta a comprendere ciò che avviene nella vita reale. Qualche spunto era arrivato dall’annuale rapporto del CENSIS, ma è stato ignorato in quanto scomodo.

Perché emergeva un’Italia malinconica, rassegnata, depressa, spaventata. Tutti i sintomi inevitabili dopo gli anni di arresti domiciliari di massa, dopo il terrore seminato a piene mani dal potere e dai suoi lacchè. E le misure imposte dal nuovo governo per compiacere Washington e Bruxelles sono destinate a peggiorare ulteriormente il quadro.

Perché spingeranno sempre più giovani a cercare un lavoro all’estero. Non necessariamente in Paesi molto lontani: basta superare le Alpi per scoprire che gli ingegneri vengono assunti per fare gli ingegneri, e pagati per questo. Non per fare i camerieri con retribuzioni che non consentono di vivere decentemente. Di fronte alla prospettiva di non poter fare un lavoro legato agli anni spesi negli studi universitari, è evidente che ci sia la voglia di andarsene. E dal momento che non sono tutti stupidi, all’estero, è altrettanto evidente che verranno assunti prioritariamente i laureati migliori. Mentre i peggiori avranno più difficoltà e saranno costretti a restare in Italia.

Ma i grandi sostenitori dell’emigrazione interna dimenticano che l’esodo provocato dall’industrializzazione è ormai un ricordo sbiadito. Restano le orrende periferie del Triangolo industriale e resta, anzi aumenta, il desiderio di lasciare le grandi città per tornarsene nei paesi di origine. I boomer arrivati dal Sud restano nelle città del Nord se sono vicini a figli e nipoti. Ma se i giovani se ne vanno, la nostalgia delle radici inizia a farsi più forte. Ed i costi della vita, molto più alti al Nord, spingono al controesodo.

Così le prospettive del nuovo anno sono di una lacerazione progressiva dei legami famigliari, in totale contrasto con le millanterie pre elettorali di una destra fluida sempre più liberista e sempre meno sociale. Ed in totale allineamento con le teorie di sradicamento e globalizzazione di una sinistra sconfitta nelle urne ma vincente nella distruzione delle tradizioni popolari.

Il rischio, senza una totale inversione di rotta, è di ritrovarsi con sempre meno giovani brillanti e con un ritorno degli anziani nei paesi semiabbandonati e privi di servizi. Ovviamente con eccezioni. Milano, in attesa che la bolla immobiliare scoppi provocando morti e feriti economici, continua ad attrarre chi si entusiasma per una città dinamica, che non si cura delle proprie radici, multietnica più che multiculturale poiché non produce più una cultura propria. Mentre Genova riesce a conciliare la dinamicità con una valorizzazione del proprio grande passato. Torino, invece, resta in crisi profonda, con il politicamente corretto che impedisce alla città di crescere, di guardare al futuro, di rinnovarsi.

Ma la restanza, ed il ritorno alle proprie radici, può funzionare se si riesce a restituire vitalità ai paesi che erano stati abbandonati. Con iniziative vere, che valorizzino capacità e competenze, non con le banalità assolute in stile “nonni dei fiori”, tra corsi di danza, una corale, teatro d’avanguardia senza spettatori. Non si fanno rivivere borghi e paesi realizzando collanine da vendere a turisti che non ci sono. Così come nelle grandi città non si costruisce un’economia dell’intelligenza se i ragazzi più intelligenti non possono lavorare nei settori per i quali sono preparati.

Augusto Grandi

Tags