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Persone scomparse, esiti diversi – V parte

Le gemelline Shepp

Chi non ricorda la vicenda delle due bionde sorelline di sei anni, uscite il 30 dicembre 2011 dalla casa della mamma a Saint Sulpice, Svizzera francese, per trascorrere un week end col padre, e mai più riviste?

Alessia e Livia Schepp nascono da una coppia multiculturale di alto livello sociale. Il padre, Mathias, è un ingegnere svizzero/canadese, la mamma, Irina Lucidi, è italo/ francese ( papà marchigiano), circa coetanei. Un po’ oltre la quarantina al momento della scomparsa delle figlie, entrambi sono dirigenti in società di ambito internazionale. Sposatisi qualche anno prima, nella matura giovinezza, lei già in attesa, sono andati a vivere in quell’angolo di agiata quiete elvetica nel cantone francofono e, per qualche tempo, tutto sembra filare liscio. Poi, qualcosa si spezza; Irina dichiarerà, durante un’intervista, che lui non era più “ la persona che avevo conosciuto”.

Dopo la tragedia, la famiglia dell’uomo farà sapere, con uno stringato comunicato stampa, che il proprio caro soffriva di una grave malattia neuropsichica, o almeno così par di capire: al dunque, una feroce depressione.

Emerge a fatica, attesa la riservatezza dei Lucidi, che Mathias aveva mal incassato la fine del matrimonio, voluta dalla moglie, evidentemente. Nelle ultime vacanze di Natale, 2010, le bimbe erano andate in vacanze col papà, un giro in barca nei Caraibi, quindi Irina si fidava a lasciargliele: oppure, si suppone, faceva un atto di fede, pregando che andasse tutto bene, pur sapendo dei problemi del suo ex.

Arriva gennaio, con la ripresa della scuola, si torna alla routine. Alessia e Livia vivono con la madre, ma trascorrono il week end con Mathias: se ogni settimana, o alternando, non si sa, ma poco importa, a lui non bastava, soffriva, fremeva, probabilmente agognava una rappacificazione. I sentimenti rimangono un mistero dell’animo umano, sondarne gli abissi è arduo anche per gli specialisti che vi si cimentano; se al tutto si aggiunge un disagio psicologico, si innesca una miscela. Così deve essere andata, in base ai racconti mediatici.

Poco vi sarebbe da aggiungere, si dirà, a quanto è risaputo e sintetizziamo. Schepp, irrisolto e gonfio di risentimento, prende le figlie e sparisce con loro; gira disperatamente per Francia del sud, Corsica, di nuovo Francia, Italia meridionale, per finire i suoi giorni buttandosi, pochi giorni, dopo sotto un treno alta velocità, che transita a Cerignola, provincia di Foggia. Delle ragazzine si sarebbe persa traccia durante la prima parte del vagabondaggio, forse su un traghetto in navigazione tra la Costa Azzurra e Propriano, nel sud dell’isola di Napoleone. Tra uno stop and go, l’ingegnere ritira qualche migliaio di euro che invia a Irina, insieme a un biglietto con poche, agghiaccianti parole, che lasciano intendere la sorte delle piccole e anche i propositi per sé.

La cronaca insiste spesso sulla inadeguatezza culturale, in senso lato, di molti uomini che “scippano” i figli alle compagne, per portarli nei propri paesi del secondo o terzo mondo e farli educare “ a modo loro”. Non è sempre così; esistono gravi tensioni, per esempio, tra coppie scoppiate dove uno dei due è statunitense e tende regolarmente a prevalere, con le buone o le cattive. In questo caso, però, non c’era un elemento, che fosse uno, a favore di un tragico copione, anzi il contrario: istruzione, humus culturale simile, benessere, nulla da contendere che non si potesse risolvere con un accordo tra parti più che civili. La malattia di lui avrà avuto il suo peso.

Irina ha rivolto un appello al mondo, da ultimo nel febbraio 2020, diffondendo le foto delle figliole come sarebbero oggi, con le note elaborazioni grafiche di “invecchiamento” digitale (ce ne sono anche “faidate”, come face app); la speranza perdura, flebile ma tenace e cuore di mamma non smette di battere in attesa di un momento che forse non arriverà. Forse.

Non coviamo chissà quali illusioni, purtroppo, ma ricordiamo qualche disallineamento delle verità ufficiali. Perché arrivarono segnalazioni di Mathias e le bambine tra Italia e Svizzera, in compagnia di una donna poi trovata morta? L’auto dell’uomo fu trovata fuori dalla stazione di Cerignola e una barista dichiarò di aver visto i tre insieme; di fatto, non ci hanno mai mostrato nulla che riguardi la morte delle gemelle, non abbiamo prove né di un affogamento in mare, né di un seppellimento da qualche parte. Le persone sparite su traghetti o navi da crociera, negli ultimi anni, sono state anche troppe, tanto da farci domandare quale e quanta sia la sorveglianza a bordo, tra arrivi, partenze, check dei biglietti (parliamo già di epoca moderna, di prenotazioni on line, pagamenti con carte).

Una nostra fonte, che prendiamo con cautela, ci ha parlato di un breve viaggio poco tempo prima, di tutta la famiglia provvisoriamente riunita, in quel di Firenze: raccontando di una grande tensione, ma pure di un padre dolcissimo da cui le bambine non si staccavano.

Il nome di Alessia e Livia Schepp non appare in documenti di viaggio; tracce biologiche delle due nemmeno l’ombra, nessuno ha veduto alcunché di positivo ma neppure di negativo. Ci aggrappiamo alle parole dello psichiatra Alessandro Meluzzi, che a suo tempo accennò sì, a una vendetta maschile nei confronti di una compagna perduta, ma non così tragica; e all’idea che Shepp non sia come Tullio Brigida, che uccise e interrò i suoi tre bambini per dispetto alla moglie che lo aveva lasciato: non vogliamo crederlo, anche se lo temiamo.

Ritrovati ma senza pace – I fratellini Pappalardi

Francesco e Salvatore Pappalardi sono due ragazzini di 13 e 11 anni, chiamati affettuosamente Ciccio e Tore. Vivono a Gravina di Puglia, con il padre Filippo, autotrasportatore, e la matrigna Maria Ricupero. Maria, vedova con due figlie, ha sposato Filippo dopo il suo divorzio da Rosa Carlucci, con cui è rimasta a vivere la primogenita Filomena. La nuova coppia ha avuto poi un’ altra bambina, così in famiglia c’è un gran movimento, un’allegra brigata che sembra funzionare.

Tra Filippo e Rosa non corre buon sangue. Se le separazioni sono sempre dolorose, la loro lo è stata di più, con strascichi di rivendicazioni e forse vendette: da quanto abbiamo visto soprattutto nel programma “Chi l’ha visto?”, nostra principale fonte, era soprattutto Rosa a non dare tregua all’ex, in una strenua battaglia per l’affidamento dei due maschietti, che il padre stava per vincere definitivamente. In realtà le polemiche successive riguarderanno più la convivenza tra la giovane Filomena e il patrigno nuovo compagno di Rosa, che i rapporti tra i fratellini e Maria, donna riservata, casalinga, che faceva quello che poteva per badare alla piccola tribù di figlioli, tra propri e acquisiti.

Così accadeva che Ciccio e Tore gironzolassero spesso per il paesone, incontrando coetanei, giocando anche in un vecchio palazzo patrizio diroccato e fatiscente, che ancor oggi ci chiediamo perché non fosse sbarrato e reso inaccessibile, vista la pericolosità delle sue forre. E’ stato facile per i cronisti tornare sul tema del sud in abbandono, dove si trascurano le elementari norme di sicurezza, pur a terzo millennio avviato.

Il pomeriggio del 5 giugno 2006 i due ragazzi escono a giocare come fanno di solito. La sera, però, non tornano a casa: Filippo ne denuncia la scomparsa e scattano le ricerche, che riguarderanno anche quel famigerato casolare, la cosiddetta “casa delle cento stanze” , nulla trovando.

Ma proprio lì il dodicenne Michelino, nel 2008, bighellonando tra i precipizi ancora non messi in sicurezza, cade in un pozzo: senza farsi troppo male, ma impattando i resti mummificati dei fratelli Pappalardi.

La storia è tutta qui, non ancora risolta, ma con un seguito penoso:

Un paio di giorni fa «mani ignote ma esperte hanno forzato l’ingresso della cappella cimiteriale in cui riposano» i fratellini Ciccio e Tore Pappalardi«ed hanno scardinato le lastre di vetro che ricoprono le tombe». Lo denuncia su Facebook il sindaco di Gravina in Puglia, Alesio Valente, che rileva come la tragica storia dei due fratellini non abbia saziato «la fame di dolore degli sciacalli». Il Messaggero -. Lunedì 8 Marzo 2021

Ciò che non si può dimenticare è l’accanimento mediatico contro Filippo, che scontò del carcere preventivo: pater familias forse troppo apprensivo e preoccupato di mantenere l’ordine nel nucleo allargato che si ritrovava a gestire, ma non certo il feroce padre/padrone descritto nei mesi successivi alla disgrazia. Un uomo intercettato mentre cercava “ i bambini miei” parlando il serrato dialetto gravinese, per cui saranno necessarie perizie foniche filologiche al fine di chiarire il contenuto carico di angoscia delle sue parole, che si voleva far passare per un tentativo di occultare un duplice parricidio, mentre Rosa girava per trasmissioni puntando ovviamente il dito contro di lui: salvo ammettere, a ritrovamento avvenuto, che lo riteneva innocente.

Carmen Gueye

…segue

Secolo Trentino