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Salute

Inchiesta Covid Bergamo, Pregliasco: “Questa indagine viene strumentalizzata dal punto di vista politico”

Fabrizio Pregliasco, virologo e docente all’università statale di Milano, è intervenuto nella trasmissione “Prisma” condotta da Andrea Mollas e Cinzia Santangeli in onda su Cusano Italia Tv.

Sull’inchiesta di Bergamo e il piano pandemico tenuto segreto. “Ben vengano tutte le inchieste giudiziarie, ci sta che debba esserci. Questa inchiesta viene strumentalizzata dal punto di vista politico. Intanto si sta facendo, eccessivamente a mio avviso, un sezionamento di scelte politiche. In quella fase iniziale c’era un piano pandemico del 2006, è chiaro che questo virus è molto diverso, soprattutto per la presenza di asintomatici. Ci voleva un lavoro coordinato delle istituzioni. Questo virus ha spiazzato ed è stato rapidamente costruito un piano pandemico ad hoc. La scelta politica è stata quella di tenerlo segreto. Non è un manuale che si applica in maniera pedissequa, si è dovuti partire in modo velocissimo, come andare in autostrada con i fari spenti di notte. Tutto quello che adesso emerge va contestualizzato in un momento di paura. La contestazione a Bergamo di 4mila morti in un modello matematico è una stima che probabilmente si sarebbero potute salvare 4mila persone, ma è un discorso a posteriori”.

Forse anche di più non si poteva fare, proprio perché eravamo di fronte a un problema sconosciuto? “I piani pandemici si basano sulla capacità diagnostica, ma questo era un virus sconosciuto. Non c’erano vaccini. Ricordate quando sono stati contestati i membri della commissione grandi rischi quando non è stato previsto il terremoto dell’Aquila. Così come poteva essere il piano pandemico. Le decisioni politiche sono sempre difficili. Anche per Katrina, quella terribile inondazione, le scelte del presidente in carica vennero contestate. Ricordiamo anche la paura che avevamo in quel momento, durate le prime fasi del virus. Ora ci siamo abituati anche troppo e invece dobbiamo continuare a stare in allerta.

L’aspetto positivo dell’inchiesta è che siano state raccolte plurime fonti: i consulenti tecnici potranno mettere in fila queste informazioni. In quella commissione l’elemento che viene messo in discussione sono i lockdown, cioè è stato tutto troppo”.

Perché a Bergamo ci sono state più vittime? “In quel territorio c’erano contatti molto stretti con Wuhan, 20mila passeggeri a settimana. Anche in conseguenza di quei punti logistici: Codogno, Piacenza. È stata sfortuna, paghiamo di essere stati i secondi al mondo. Dalla Cina ci sono state carenze informative. Io credo che sia stato un virus di origine naturale”.

Riguardo il fatto che lo stress test sia stato passato al netto dell’inchiesta covid. “Mette in dubbio l’approccio verso il futuro. Ci siamo arrivati attraverso una guardia bassa: nel 2005 c’è stata l’aviaria, poi l’ebola. Pensavamo che quello che avevamo organizzato fosse sufficiente, e invece le sue peculiarità ci hanno fregato. Non c’era un manuale da seguire, si sono visti i limiti della sanità, come quella lombarda, ma a posteriori le cose si vedono in modo diverso”.

Secondo lei i familiari delle vittime di Bergamo avranno giustizia? “Il dolore e la sofferenza di aver perso un proprio caro è comprensibile. Non so quanto poi sarà soddisfacente un risultato che non dirà nulla di nuovo. L’epidemia colposa si ha quando c’è qualcuno che ha fatto qualcosa di attivo”.