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Mauro Corona si racconta a Rai Radio 2: ” Di notte lavoro, non dormo, mi bastano tre ore di sonno: uno che ne dorme dieci ha metà vita finita”

Corona ha raccontato: "Lavoro di notte perché non dormo. Fin da piccolo ho avuto il regalo di vivere due volte, uno che dorme dieci ore ha metà vita finita, io dormo dalle 5 alle 8 di mattina, scrivo, guardo la tele, leggo, penso, la notte non c'è nessuno, sei tu, i pensieri non scappano, rimangono lì attorno.

Mauro Corona è intervenuto ai microfoni di Rai Radio2 nel corso del programma “Non è un Paese per Giovani”, condotto da Massimo Cervelli e Tommaso Labate, in diretta dal lunedì al venerdì dalle 12 alle 13.30.

Corona ha raccontato: “Lavoro di notte perché non dormo. Fin da piccolo ho avuto il regalo di vivere due volte, uno che dorme dieci ore ha metà vita finita, io dormo dalle 5 alle 8 di mattina, scrivo, guardo la tele, leggo, penso, la notte non c’è nessuno, sei tu, i pensieri non scappano, rimangono lì attorno. Quando sono le 9.30 parto, vado in montagna, a scalare o a camminare. Ovviamente dove al ritorno ci sono dei rifugi ben serviti”. 

Proseguendo nel suo intervento, Mauro Corona ha parlato anche del suo romanzo, ‘Le altalene’, scritto per Mondadori: “Parla della mia vita, della mia famiglia, della nostra vita disastrata, violenta. Eravamo così giovani che non ci rendemmo conto della tragedia del Vajont. Per noi fu una novità, gli elicotteri che ci caricavano, che ci spostavano. Finimmo in collegio con i salesiani. Solo dopo ho maturato l’entità di questa tragedia. Eravamo impauriti sentendo dire che c’erano tantissimi morti, ma all’iniziò non ci segnò in modo così forte. Poi, dopo, sì. Mia mamma non c’era, ci aveva abbandonati quando io avevo sei anni, mio fratello cinque, l’altro quattro mesi. Mio padre lavorava in diga, faceva il minatore. Non ho mai avuto una famiglia intera”.

Infine, prima di concludere, Mauro Corona, ha ulteriormente specificato: “Il libro è dedicato a mio padre e a mia madre. ‘A quei due’, scrivo. Non sono stati buoni genitori, nominarli mi pareva troppo rispettoso. Un uomo onesto deve avere il coraggio di dire mio padre e mia madre erano dei falliti come genitori. Mia madre ci abbandonò dopo tre volte in coma a sprangate. Restammo da soli con tre vecchi. Bastava non mungere la capra e io e mio fratello finivamo legati agli alberi”.