PARTE 2 – REINCARNAZIONE E LETTERATURA
L’IMMORTALITA’ COME RESURREZIONE DEL CORPO
“Perché temere l’immortalità di un ignorante? Se l’ignorante fosse invece entrato in possesso dell’eternità, conoscerebbe anche la scienza, allora si, che il discorso cambierebbe”. Emil Cioran

Due chiarimenti si fanno imperativi: il primo riguarda il fatto che vadano ritenuti molto più attendibili i mistici, i teologi, i poeti, i filosofi o i letterati, quali interpreti della co-scienza, rispetto ai presunti specialisti del tema, gli “scienziati”, i riduzionisti barricati tra cervello e materia, piuttosto che “alla caccia” per l’universo. Come scrive Manly Palmer Hall in “Astrology and Reincarnation“: “I filosofi ermetici, i più saggi tra gli egiziani, possedevano una profonda conoscenza di questi misteri, e altrettanto facevano Pitagora, Platone e Aristotele, i più nobili pensatori tra i greci. I druidi della Britannia e i galli includevano entrambe la reincarnazione e l’astrologia tra i loro insegnamenti segreti. Questi nobili uomini, riveriti come i più saggi e virtuosi tra i mortali, non avrebbero mai potuto essere oggetto d’ignoranza o superstizione. In questi affari, perciò, dovremmo considerare le loro opinioni con il massimo della serietà.[1]“ Un’idea talmente radicata in Hall al punto da portarlo a scrivere la sceneggiatura di un film “When were you born? [2]” nel 1938 (unica produzione da lui realizzata e prodotta da Warner Bros), alla cui visione rimandiamo interessati o scettici. Ricordiamo ai lettori che se c’è un autore verso cui il padre della psicanalisi, Carl Gustav Jung, era in debito (e non solo Jung), quella persona era proprio Mr. Hall.

Manly Palmer Hall e Carl Gustav Jung
Che tristezza la contemporaneità, affidata agli scienziati, schiera di mortali senza dignità! Classe socio-professionale che approfitta di riconoscimento e gloria trionfo del farlocco. Gloria che, nella maggior parte dei casi, è solo il frutto di sovra-socializzazione: illusione figlia dell’uso di archibugi medici e marchingegni scientifici. E che nonostante ciò, ha finora detto molto meno di chi fa di spiritualità e intellettualismo una chiamata a servire gli altri, e non a offrirgli servizi di bassa lega a prezzi immorali. In secundibus, un chiarimento etimologico: con anima i latini intendevano l’anima, e con animus il nostro spirito, che sono cose molto diverse. Apparentemente, ciò che lascia il corpo alla fine della vita materiale non è l’anima, bensi l’animus: il nostro spirito. Così sostengono alcuni dei più grandi poeti inglesi di sempre – Shakespeare, Milton e Coleridge, ad esempio – alla stregua di un’interpretazione che non trova concordi solo loro. A detta di John Milton, alla morte del corpo corrisponde la morte dell’anima, che può risorgere solo per il tramite un nuovo corpo, come sosterrà anche William Shakespeare più avanti nella trattazione. Nei testi sacri indiani, come dimostra Manly Hall, l’anima è fisicamente alloggiata in dei filamenti più sottili di un capello tagliato mille volte, dove sgorgano fluidi colorati[3]: quella è la sua unica e sola sede. E quindi, la scelta prenatale? E, quindi, l’aldilà di cui parla anche Netflix? Cosa, di noi, ne fa esperienza scientificamente provata (quantomeno dell’aldilà)? Si suppone sia il nostro spirito (animus), e non l’anima, che rappresenta una sorta di veste interiore dell’uomo, ma nuovamente, non il suo spirito, o l’idea d’anima comunemente intesa. Se ci pensiamo, il nostro spirito viaggia fuori dal corpo quasi ogni notte quando esplora le dimensioni oniriche, come spiega anche Baha’u’llah: “Se il mondo in cui ti sei trovato durante il sogno coincidesse con quello in cui vivi, l’avvenimento accorsoti in sogno dovrebbe necessariamente apparire in questo mondo nello stesso istante in cui il sogno ha luogo. Se così fosse, ne saresti stato tu stesso testimone. Ma non essendo così, ne consegue che il mondo in cui vivi è differente e separato da quello che hai sperimentato nel sogno. Quest’ultimo non ha principio né fine… Sarebbe ugualmente vero il sostenere che il tuo spirito, trascese le limitazioni del sonno e liberato da ogni vincolo terreno, per volere di Dio, è stato trasportato in un regno che giace celato nella realtà più recondita di questo mondo. In verità Io dico che la creazione di Dio abbraccia altri mondi oltre questo mondo e altre creature oltre queste.[4]”

Mikhail Afasenevic Bulgakov
L’immortalità dell’anima, come vedremo nella terza parte analizzando i risultati del Dr Frisen del Karolinska Institute, trova conferma nell’immutabilità della nostra coscienza rispetto al declino fisico di cui tutti noi facciamo esperienza. Non può essere soggetta a involuzione come invece il nostro corpo biologico. Il grande scrittore mistico russo Mikhail Afasanevic Bulgakov, uno degli autori più censurati della storia recente, la chiamava “La Grande Evoluzione”; Fedor Michailovic Dostojevskij ci ha letteralmente martoriato con le leggi naturali (ed era fermamente convinto di essere una reincarnazione di Cristo); il “pessimista” Giacomo Leopardi, quando scriveva“La Ginestra”, cosa intendeva comunicarci della lotta tra bene e male? Quando Ugo Foscolo, nei “Sepolcri”, scriveva “unico spirto a mia vita raminga, qual fia ristoro a’ dí perduti un sasso, che distingua le mie dalle infinite”, che voleva significare? Noi intendiamo che tutti e quattro sapessero benissimo che l’eternità viene dagli astri, non dal successo e dal denaro. Il successo, semmai, è il maestro degli stolti, come diceva l’imperatore filosofo, e stoico, Marco Aurelio. Affine e contemporaneo a Marco Aurelio, il ricchissimo senatore, e altrettanto paraculo – come filosofo – commenterebbe qualcuno, lo spagnolo Seneca, insegnava che “Nasciamo diversi, moriamo uguali”[5], sintetizzando così in quattro parole il senso delle nostre costanti reincarnazioni. E che, proprio perché “la mia patria è l’universo” [6], la nostra esistenza non è altro che una missione al contempo personale e universale. Perciò, vivere alla ricerca della felicità, è molto ingenuo, perché “la vera gioia è austera”.[7] Quel mago travestito da oratore – a noi noto con il nome di Cicerone – credeva fermamente nella reincarnazione, tanto quanto nell’immortalità dell’anima: “Sappi che di te è immortale solo l’anima. L’individuo nella sua completezza è nell’anima e non nella sua forma esteriore.[8]” L’instancabile agitatore, l’eterno cospiratore – e autore di uno dei più interessanti trattati di astrologia metafisica pubblicati in italiano in tempi recenti – Auguste Blanqui spiega chiaramente il perché della nostra unicità e identità, della nostra vocazione e utilità: “L’uniformità del metodo di creazione degli astri e la comunanza dei loro elementi implicavano tra di essi somiglianze più che fraterne. Queste crescenti parità di costituzione devono evidentemente portare alla frequenza dell’identità… Tale è il nostro punto di partenza per affermare la limitatezza delle combinazioni differenziate della materia, e di conseguenza la loro insufficienza a seminare di corpi celesti i campi dello spazio. Queste combinazioni, malgrado la loro moltitudine, hanno un termine, e quindi devono ripetersi per raggiungere l’infinito.”[9]

Johann Wolfgang Goethe
Il presunto padre di Jung, l’inimitabile Goethe, trasla l’allegoria astrale di Blanqui in termini materiali, anzi, minerali, spiegando il processo di cui parla il francese dicendo: “Per facilitarci il concetto di esseri organici, consideriamo brevemente i minerali. Questi, così saldi e incrollabili nei loro molteplici elementi di base, non sembrano osservare nelle loro combinazioni, che pure avvengono secondo leggi, né limiti, né ordini. Le parti che le compongono si scindono con facilità per poi entrare in nuove combinazioni; e queste possono, a loro volta, essere annullate, e il corpo che prima sembrava distrutto ci appare nuovamente nella sua integrità”.[10] Una delle lettura che più raccomandiamo ai neofiti della reincarnazione, e che non per nulla, si presta molto bene a sintesi dei più criptici Blanqui e Goethe è William W. Atkinson “La reincarnazione. La legge del Karma. Prove e argomenti”. Scrive l’autore: “Malgrado i suoi viaggi nelle diverse incarnazioni e metamorfosi, l’anima resta quella che è, solo che ad ogni metempsicosi, ad ogni metamorfosi della personalità esterna, migliora e si purifica, sviluppa il suo potere e le sue facoltà mentali.”[11] Giunti a questo punto, e ancora non abbiam detto “a” di Platone e i neoplatonici? Lasciamo allora che siano poche parole, di uno tra i più autorevoli esegeti del neoplatonismo, William Shakespeare, a illuminarci dall’alto: “Ah, se tu fossi te stesso! Ma, mio caro, tu solo ti appartieni finchè vivi, a questa inevitabile fine dovresti prepararti, e il tuo dolce volto donare a un altro. Così, quella bellezza che hai solo in prestito non avrebbe termine, e allora tu rivivresti in te stesso dopo la morte”.[12]

The one and only, William Shakespeare.
Il grande poeta con Verona nel cuore non è purtroppo autore per tutti, chi invece lo è, ed è ampiamente creditato per parlare di Platone e Plotino – ed ha scritto un libro che raccomandiamo sempre a chiunque, “Il codice dell’anima”- è James Hillman, l’allievo di maggior successo del padre della psicanalisi, Carl Gustav Jung. Vediamo quindi cosa scrive l’autore americano nel suo capolavoro edito in Italia da Adelphi. “Ciascuna persona – scrive Hillman – viene al mondo perché è chiamata. L’idea viene da Platone, dal mito di Er che egli pone alla fine della sua opera più nota, La Repubblica. In breve, l’idea è la seguente. Prima della nascita, l’anima di ciascuno di noi sceglie un’immagine o disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve un compagno che ci guidi quassù, un daimon, che è unico e tipico nostro. Tuttavia, nel venire al mondo, dimentichiamo tutto questo e crediamo di esserci venuti vuoti. E’ il daimon che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli elementi del disegno prescelto, è lui dunque il portatore del nostro destino. Secondo Plotino (205-270 dc), il maggiore dei filosofi neoplatonici, noi ci siamo scelti il corpo, i genitori, il luogo e la situazione di vita adatti all’anima e corrispondenti, come racconta il mito, alla sua necessità. Come a dire che la mia situazione di vita, compresi il mio corpo e i miei genitori che magari adesso vorrei ripudiare, è stata scelta direttamente dalla mia anima, e se ora la scelta mi sembra inconcepibile, è perché ho dimenticato…[13] Esiste un motivo per cui la mia persona, che è unica e irripetibile, è al mondo, e che esistono cose alle quali mi devo dedicare al di là del quotidiano e che al quotidiano conferiscono la sua ragion d’essere; la sensazione che il mondo, in qualche modo, vuole che io esista, la sensazione che ciascuno è responsabile di fronte a un’immagine innata, i cui contorni va riempiendo nella propria biografia” [14]

James Hillman
Non per nulla, l’occultista e medico rinascimentale Paracelso, diceva, con il giusto fatalismo che ne contraddistingue il tipo di figura, che si viene al mondo con un tot d’energia necessaria strettamente necessaria ad adempiere ai nostri compiti. E avviene tutto al momento della scelta prenatale di cui parla Hillman. E’ che poi, come diceva Virgilio, beviamo le acque del Lete e dimentichiamo. A ogni nuova incarnazione l’ego resta lo stesso, è la personalità che muta. Ed è proprio nel rapporto tra ego e personalità che entriamo nel campo del Karma. Il Karma è la legge di causa ed effetto, è una legge naturale che opera anche più precisamente della chimica: essa non mostra riguardi per persone, non fa morale ne questione di bene o male.

Paracelso
Continua…
[1] Manly Palmer Hall. Astrology and Reincarnation. PRS. 1980. P. 17
[2] Manly Palmer Hall. When Were You Born? Warner Bros. 1938. https://www.youtube.com/watch?v=eYB9Qy4Mn7A
[3] Manly Palmer Hall. Reincarnation. The Cycle Of Necessity. PRS. 1967. P.22/23
[4] Baha’u’allah. Tavole di Baha’u’allah. Casa Editrice Bahai. 1981. P. 168.
[5] Seneca. Lettere a Lucilio. Bur Edizioni.
[6] Ibidem.
[7] Ibidem.
[8] Cicerone. Somnium Scipionis.
[9] Auguste Blanqui. L’eternità viene dagli astri. Adelphi. 2023. P. 69
[10] J.W. Goethe. Metamorfosi degli animali. SE. 1986. P. 61-62
[11] William W.Atkinson. La reincarnazione. La legge del Karma. Prove e argomenti. Napoleone. 1989. P. 131.
[12] William Shakespeare. Sonetti. Mondadori. 2011. P. 17
[13] James Hillman. Il Codice dell’Anima. Adelphi. 2009. P. 22-23
[14] Ivi P. 18-19