“Nell’Unione Europea c’è una maggioranza qualificata di Paesi è pronta a chiedere la “moratoria” sul consumo e la produzione della “carne coltivata” per motivi di tutela della salute, etici, economici e ambientali, in caso di voto”.
E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare il risultato della discussione del Consiglio Agricoltura e Pesca dell’UE sulle preoccupazioni relative alle produzioni di alimenti in laboratorio.
Hanno infatti garantito supporto alle preoccupazioni contenute nella nota presentata per la discussione – riferisce Coldiretti – Austria (firmatario), Bulgaria, Croazia, Cipro, Francia (firmatario), Grecia, Ungheria, Italia (firmatario), Lituania, Lussemburgo, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Spagna mentre altri non intervenuti nel corso della discussione avevano garantito supporto scritto (Cechia, Malta e Romania). In caso di eventuale voto questo gruppo di Paesi, senza considerare tra l’altro quelli non intervenuti nel corso della riunione, rappresenterebbe già una maggioranza qualificata (17 paesi e 67,45% della popolazione) sul totale dei 27 dell’Unione.
La Commissaria alla salute e sicurezza alimentare, Stella Kyriakides, peraltro – riferisce la Coldiretti – è intervenuta per sottolineare che sono legittime le preoccupazioni espresse da molti paesi sulle questioni sociali, ambientali e etiche, in quanto sono disponibili ancora troppi pochi dati in termini di emissioni, impatti ambientali o prezzi. La Commissione, infatti ha chiesto all’EFSA di aggiornare le linee guida proprio per integrarle con le recenti informazioni scientifiche sui cibi sintetici.
“L’alleanza nata in Europa fa proprie le perplessità sollevate per prima dalla Coldiretti e conferma il ruolo di apripista dell’Italia che è leader mondiale nella qualità e sicurezza alimentare, nelle politiche di tutela della salute dei cittadini” ha commentato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nell’esprimere apprezzamento per il protagonismo a livello comunitario del Ministro dell’agricoltura e Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida. “Dopo l’Italia dove è stata approvata una legge sotto la spinta della raccolta di oltre 2 milioni di firme da parte della Coldiretti, la presa di posizione di un numero crescente di Paesi è una risposta – precisa Prandini – all’esigenza di avere analisi di impatto univoche da parte della ricerca pubblica ed evitare di trasformare i cittadini in cavie umane, come per primi abbiamo chiesto. La crescente diffidenza conferma infatti la necessità di rispettare il principio di precauzione di fronte ad una nuova tecnologia con molte incognite che rischia di cambiare la vita delle persone e l’ambiente che ci circonda. Proprio per questo la sfida che la Coldiretti lancia alle istituzioni europee è che i prodotti in laboratorio nei processi di autorizzazione non vengano equiparati a cibo ma bensì a prodotti a carattere farmaceutico”.
Queste nuove pratiche includono la produzione di alimenti utilizzando la tecnologia delle cellule staminali con la necessità di evitare rischi per la salute dei consumatori.
Nel documento condiviso dalla maggioranza qualificata di paesi si legge che – riferisce la Coldiretti – “prima di qualsiasi autorizzazione i Paesi sostenitori chiedono alla Commissione di avviare una consultazione pubblica sui cibi a base cellulare” che “non possono mai essere chiamati carne” e pongono “questioni etiche, economiche, sociali e ambientali, nonché sulla nutrizionali e di sicurezza sanitaria” rimettendo in discussione il quadro normativo attuale che risulta inadeguato anche perché queste nuove pratiche includono la produzione di alimenti utilizzando la tecnologia delle cellule staminali con la necessità di evitare rischi per la salute dei consumatori.
Lo stop da parte della maggioranza di paesi dell’Unione Europea è coerente con il fatto che la UE – conclude la Coldiretti – ha già deciso di vietare gli alimenti prodotti da animali clonati e da oltre 40 anni la carne trattata con ormoni che vengono utilizzati invece nei bioreattori per la produzione di cibi artificiali per i quali si chiede di non usare il termine “carne coltivata”, ritenuto fuorviante anche dal rapporto Fao/Oms che suggerisce di chiamarli “cibi a base cellulare”.
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