“…si chiude un grave capitolo della storia della mia presidenza ad Antinoo Arcigay Napoli. Si tratta di uno dei fatti di cronaca più gravi, in merito alla popolazione LGBT, a cui l’Italia abbia assistito, e il mio intervento fu cruciale per definire la pista a sfondo transfobico. Non lasciai un solo momento Ciro, annientato, allora, dalla morte di Maria Paola e dall’atteggiamento immediatamente ostracista di media e personaggi di potere di Caivano. Noi eravamo parte civile e abbiamo difeso Ciro senza tregua, e la memoria di un amore drammaticamente mutilato per ragioni chiarite. Ormai siamo sul territorio e restiamo fermi nell’idea di presiederlo con qualsiasi azione possa neutralizzare una cultura violenta, sessista ed eteropatriarcale. Possiamo rispondere, in maniera definitiva, pure a chi, in tono paternalistico, ha deliberatamente voluto sminuire il portato omotrasfobico della vicenda“. ( da Fanpage). Queste le fiere conclusioni di un’associazione che si era costituita parte civile nel caso di Maria Paola Gaglione.
E’ la notte tra l’11 e il 12 settembre 2020. Gli animi sono scossi dalle vicende dei mesi passati, dalle restrizioni, dalle condizioni economiche generali ulteriormente peggiorate dei cittadini italiani, anche se un solo traffico non conosce crisi: quello degli stupefacenti, men che meno al cosiddetto “Parco Verde” di Caivano, quartiere suburbano ad alto tasso di criminalità, in provincia di Napoli. Uno scooter, vecchio di undici anni, corre a più di cento chilometri orari sulla strada senza illuminazione per Acerra: a bordo due giovanissimi senza casco, alla guida una persona senza né patente né patentino. Il mezzo perde aderenza, sbanda, finisce a terra; il passeggero, Maria Paola Gaglione diciottenne, sbatte la testa contro un tubo di metallo per l’irrigazione e muore sul colpo.
Maria Paola Gaglione in quel momento è disoccupata, ma segue senza fiatare il suo boyfriend, che in realtà è una coetanea, Cira, che si fa chiamare Ciro, nullafacente dedita allo spaccio.
Crudelmente, questo sarebbe tutto: territorio difficile, famiglie umili, scarsa o nulla alfabetizzazione, un quadro che sembra uscito dal dopoguerra e non dal terzo millennio.
La famiglia di Maria Paola è descritta tra le poche riuscita a salvarsi dal degrado; in particolare il fratello maggiore, Michele Antonio, un lavoratore sposato con tre figli, ha molto a cuore la sorte della sorellina e di certo non è omofobo: ma molto preoccupato del fatto che la coppia è fuggita, minaccia di andarsene a zonzo per l’Europa e, stante la situazione poco promettente del “fidanzato”, teme che la giovane finisca sulla strada. Mamma, no, lei è proprio ostile, soprattutto dopo un “incidente” erotico con un sex toy che ha già provocato un malessere alla figlia e la sua rabbiosa reazione.
Quella sera Michele, saputo che i due sono in un certo posto, vuole raggiungerli per un chiarimento e ingaggia una rincorsa, lui pure su due ruote, gridando al conducente di fermarsi; Maria Paola gli tende la mano in un gesto di richiesta di aiuto; “Ciro” si ferma e Michele, esasperato, tira due calci al suo motorino; Ciro riprende la corsa; dopo l’incidente fugge a piedi; a tentare un soccorso alla ragazza che giace a terra rimane solo il fratello.
In aula nessuno dei parenti Gaglione ha l’ardire di esporsi: è ovvio che il capro espiatorio dev’esserle Michele, un giovane uomo che amava la famiglia e voleva salvare Maria Paola da un probabile difficile futuro, un marito e padre che l’ossessiva società odierna vuole “transfobico” ed “eteropatriarcale” e dunque merita la condanna inevitabilmente comminata, per fatti non provati.
Carmen Gueye