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Francesca Chaouqui, il falco del Vaticano


Nel momento in cui Francesca Immacolata Chaouqui, calabrese di 32 anni, fu nominata quale membro della Cosea (Commissione di studio sulle attività economiche e amministrative), molti rimasero esterrefatti, alcuni stupiti, altri decisamente interessati.
La Cosea fu istituita da papa Bergoglio nel luglio 2013 per risolvere i problemi economici e amministrativi della Santa Sede, per analizzare i conti e sui problemi di gestione degli uffici e dicasteri vaticani. Un compito non da poco, che segnalò la volontà del papa argentino di incidere fin da subito all’interno della Chiesa.
La commissione fu sciolta nel maggio 2014, ma la particolarità che colpì molti osservatori non fu tanto la sua composizione, sette laici, quanto la presenza della Chaouqui. Nata da madre calabrese e da padre marocchino e laureata in giurisprudenza, cominciò ben presto una “carriera” basata su agganci e conoscenze diffuse e ramificate. Una PR in piena regola, che gioca molto sulla propria immagine e sulla capacità di approcciarsi agli altri.
In questo campo, dunque, bisogna porre particolare attenzione alle cadute di stile. La Chaouqui fece già parlare di sé tempo addietro, con velenosissimi tweet su Papa Benedetto XVI, il cardinale Bertone e l’ex ministro Tremonti e con altri tweet che elogiavano calorosamente l’operato di Gianluigi Nuzzi, autore del libro Sua Santità, contenente i documenti rubati da Paolo Gabriele (maggiordomo particolare del Pontefice) al Papa.
Una vicenda, questa, che la Chaouqui ha sempre negato, considerandola come opera di hacker e di fotomontaggi. In questo ambito non rientrerebbero le sue foto definite “poco consone” dagli stessi ambienti ecclesiastici, che in questo momento fanno il giro del web dopo essere misteriosamente scomparse.
Sempre sui social media, la giovane PR si è mostrata legata al pensiero del blogger Mario Adinolfi, mostrandosi profondamente scioccata riguardo le famiglie gay, bollandole senza mezzi termini come qualcosa di “abominevole” e contro il diritto naturale. I contatti con Adinolfi nacquero quando la Chaouqui cominciò a lavorare nel 2010 per lo studio legale Orrick.
Un altro ambito nel quale la donna si trova a suo agio è quello della politica: la Chaouqui stringe contatti anche con l’entourage di Enrico Letta, per mezzo del centro studi “veDrò”; con lo studio legale e con il gruppo dell’ex premier, la PR organizza eventi.
Tutto l’attuale polverone sul suo presunto trafugamento di documenti segretissimi nasce anche dal fatto che la Chaouqui stringe forti legami con gli ambienti ecclesiastici. Lei si professa innocente e, dopo due giorni di custodia, è stata rilasciata dopo aver raccontato “soltanto la verità a chi sta indagando sulla fuga di documenti in Curia”.
Meno fortunato di lei deve ritenersi il monsignor Lucio Angel Vallejo Balda, ancora sotto stretta sorveglianza da parte della polizia pontificia. La “collaborazione” fra lui e la Chaouqui è un altro aspetto della vicenda che suscita perplessità.
Vallejo Balda è un monsignore spagnolo vicino all’Opus Dei; la PR ha spesso mostrato simpatia verso quest’organizzazione citando fra i suoi tweet il pensiero del santo fondatore, san Josemaría Escrivá. Come precisato recentemente dalla stessa Opus Dei, né la Chaouqui né Vallejo Balda hanno alcun tipo di rapporto con l’associazione, mostrandosi rammaricati per questa buriana che agita la Chiesa.
Una tempesta che coinvolge gli archivi della Cosea, ai quali la 34enne calabrese e il monsignore spagnolo avrebbero potuto accedere: la prima perché il di lei marito è stato un informatico al servizio della Santa Sede; il secondo perché Papa Francesco lo aveva posto a capo della Commissione nel luglio 2013.
Il legame tra di loro è fortissimo: lui si mostrava come l’”economo del Papa”, lei come la “commissaria del Papa”. Grazie all’amicizia, Chaouqui entra nella Cosea e assume un ruolo importante ed autonomo negli ambienti ecclesiastici. Talmente autonomo, che la PR si sentì libera di organizzare un party esclusivo per assistere alle canonizzazioni di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II in piazza San Pietro nell’aprile 2014.
Infine, per quanto riguarda la fuga di documenti sensibili, se le responsabilità della Chaouqui saranno appurate, non sarebbe la prima volta che accade: già al tempo della sua nomina pontificia, infatti, Chaouqui inviò ai suoi superiori della Ernst & Young materiale riservato speditole dallo stesso segretario della commissione, cioè Vallejo Balda.
Di Pasquale Narciso

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