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La Cina, il gigante che mangia il nano Italia

La Cina è meno vicina. Il tour asiatico di Trump appare sempre più come un tentativo di arginare Pechino attraverso il rafforzamento delle alleanze con altri Paesi del continente. Non una rottura con la Cina, perché gli Stati Uniti non potrebbero permettersela, ma una doverosa attenzione nei confronti di Pechino che si sta rafforzando come potenza globale. D’altronde Trump guida una nazione che non riesce ad andare al di là di una politica estera muscolare, scollegata dal cervello.
Tutto e subito, non importa se per conquistare nuovi mercati, o conservare quelli esistenti, si affrontano spese militari superiori ai guadagni. E non importa, ovviamente, il costo in vite umane pagato dai Paesi invasi o “aiutati ad importare democrazia”. Un po’ di sana corruzione, poi, aiuta sempre. Sul fronte opposto Pechino che conosce meglio di Washington l’arma della corruzione e che la adopera senza difficoltà nella conquista dell’Africa. Con un minor numero di morti rispetto alle guerre americane, ma con il disastro di migrazioni indotte. Tanto il prezzo degli africani cacciati per far posto ai cinesi lo paga l’Italia. Pechino offre prestiti al Venezuela per avere una testa di ponte in America Latina, e il prestito è meno oneroso di quelle politiche statunitensi attraverso cui Washington era abituata a suscitare rivolte e colpi di Stato nell’area. Quanto all’Europa, la Cina può contare sulla fame di investimenti dei vari Paesi. L’Italia è in prima fila nella svendita di aziende di ogni settore. E non importa chi sia il compratore. Basta vedere uno straniero con i soldi in mano ed i grandi imprenditori italiani sono pronti a cedere azienda e pure i figli. Non siamo i soli, purtroppo.
Ad Est Praga rappresenta un portone spalancato per l’invasione di merci e investitori cinesi. E al Nord c’è solo l’imbarazzo della scelta, tra scandinavi ed olandesi. Le merci contraffatte e gli alimenti non controllati sbarcano senza problemi nei porti del Nord per poi dirigersi anche verso l’Italia. Ora, forse, la Germania e persino Bruxelles paiono intenzionati a frenare l’espansione cinese. Ma la difesa non può funzionare se la Germania prosegue nella sua politica di far cassa senza investire negli altri Paesi europei. I nostri pessimi imprenditori vogliono vendere, e se a comprare trovano solo cinesi, indiani, americani, turchi, russi, è evidente che non possano vendere ai tedeschi o ad altri europei. Mentre l’ottusita’ delle sanzioni contro la Russia ha inevitabilmente spinto Mosca ad una alleanza, di comodo e provvisoria, proprio con Pechino. Paghiamo la stupidità della Clinton e di Obama. E non siamo capaci, in Italia, a puntare con decisione su alternative a Pechino quali India e Giappone. Neppure ad approfittare delle nostre opportunità nel Mediterraneo. D’altronde, con Alfano, Padoan e Gentiloni non si può pretendere molto.
Augusto Grandi