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Cultura

NonRecensione: Woman in Gold

Spesso si dice che il cinema racconti delle storie, e in questo caso non si limita a raccontarne una ma, insieme, racconta anche un po’ di Storia. Un film che in qualche modo torna a ripercorrere il dramma vissuto da molte persone in Austria prima della Seconda Guerra Mondiale, quando l’annessione nazista le costrinse ad abbandonare tutto e fuggire. Intanto i voti: Mymovies gli assegna un 3,21/5, Comingsoon un 3/5, Imdb un 7,4/10.

Come detto la storia di questo film è vera. Siamo negli anni novanta e Maria Altmann è un’ebrea scappata da Vienna negli anni trenta, all’arrivo dei nazisti. È una signora anziana, e alla morte della sorella scopre dei documenti che rivelano una battaglia per riavere alcuni quadri sequestrati dai nazisti molto tempo fa e oggi esposti in uno dei maggiori musei di Vienna. Approfittando dell’iniziativa del governo austriaco che inizia un processo di restituzione delle opere confiscate dai nazisti, Maria prova a farsi ridare quei quadri, tra cui il prestigioso “Ritratto di Adele Bloch-Bauer” di Gustav Klimt. Adele era la zia di Maria, e per la nipote quel quadro è pieno di significati, soprattutto affettivi. Inizia così una battaglia legale molto complessa, col governo austriaco che non è intenzionato a mollare neanche un centimetro, ma che alla fine vedrà uscire vittoriosa Maria Altmann.

Il film è molto interessante, e i piccoli flashback della protagonista che ricorda l’arrivo dei nazisti a Vienna aiutano a dare la dimensione del dramma da cui parte questa storia. La sua era una famiglia ricca, importante, nella casa di Vienna passavano grandi artisti, è tutto venne depredato in brevissimo tempo. Si scava in una ferita aperta della protagonista che si sente tradita dalla sua stessa città, dalla sua patria di appartenenza: un Paese mostrato come tranquillo, che in men che non si dica si riscoprì festante e fanaticamente compatto dietro Hitler e dietro le sue leggi razziali. Un cambiamento che Maria non perdonerà mai, e che la porterà a essere sempre riluttante a tornare a Vienna per le indagini del caso.

Un film che scorre piacevole mentre racconta di questa guerra di un piccolo Davide contro un gigantesco Golia, che sembra non avere alcuna possibilità di vittoria ma che inaspettatamente riuscirà a vincere. E lo potrà fare anche grazie all’aiuto di un giornalista investigativo austriaco, che si dedica anima e corpo ad aiutare le persone che chiedono giustizia dei crimini e dei saccheggi commessi durante l’occupazione nazista, un giornalista che cerca in questo modo di “espiare” l’onta d’aver scoperto che il padre era un entusiasta seguace di Hitler.

Ben assortito il cast. Gli attori principali: Helen Mirren è Maria Altmann; Ryan Reynolds è Randol Schoenberg, l’avvocato che assisterà Maria; Daniel Brühl è Hubertus Czernin, il giornalista investigativo austriaco; Katie Holmes è Pam, moglie di Randol; Tatiana Maslany è Maria da giovane; Max Irons è Fritz, il marito (da giovane) di Maria; Antje Traeu è Adele Bloch-Bauer; Henry Goodman è Ferdinand Bloch-Bauer, zio di Maria e marito di Adele; Moritz Bleibtreu è Gustav Klimt; Allan Corduner è Gustav Bloch-Bauer, padre di Maria; Olivia Silhavy è Elisabeth Geher, ministro della cultura austriaco; Ben Miles è Ronald Lauder, il magnate che poi comprerà e esporrà il ritratto di Adele a New York.

La regia è di Simon Curtis, è tutto sommato è piacevole. Ottime le musiche, che sono di quel mostro sacro che è Hans Zimmer. Il mio voto finale è un 8/10, con la contentezza di aver visto un film che mi ha raccontato una piccola grande storia, di quelle che paiono sospese fra mito e realtà.

Roberto Galante