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Quando l'Austria voleva regalare Trento all'Italia per evitare la guerra

A quasi cento anni dall’entrata nella Grande Guerra dell’Italia, avvenuta il 23 maggio 1915, sembra imporsi una riflessione più ampia non tanto sui movimenti bellici che coinvolsero ingenti quantità di soldati e civili, sulle terribili devastazioni che questi comportarono, quanto piuttosto su cosa portò all’avvenimento di tali scenari, sui responsabili di questa inutile strage.
Ogni Stato che entrò in questa danza macabra aveva i suoi buoni motiviespansioni territoriali, commerciali, colonialistiche, desiderio di gloria e di prestigio, volontà di rivincita. Un po’ di tutto questo possiamo trovarlo nell’Italia del post-periodo giolittiano: le mitiche Terre Irridente erano lì a portata di mano, e si allontanavano ogni giorno di più per il pertinace e saldo dominio austro-ungarico.
Il prorompente sviluppo industriale non leniva le difficoltà che larghe fette della popolazione doveva affrontare, e la guerra libica si era dimostrata un teatro dove i soldati italiani recitavano con attrezzature di second’ordine. Con quali idee e spirito, dunque, l’Italia si avvicinava alla data fatidica?
Facendo aggio sui motivi poc’anzi espressi, e vedendo che tanti Stati avevano affilato armi e trattati per farsi trovare pronti, l’Italia vide con rabbiosa sorpresa le manovre e gli atti che portarono l’Impero Austro-ungarico a piombare sulla Serbia dopo Sarajevo. L’Italia e l’Austria-Ungheria erano impegnate da un trattato, la Triplice Alleanza, che contemplava, tra l’altro, anche un obbligo di reciproca informazione riguardo alle proprie iniziative diplomatiche.
All’imperatore Francesco Giuseppe e ai suoi dignitari era palese che l’azione contro la Serbia fosse ostile agli interessi italiani (non tanto per Trento e Trieste, quanto a bilanciamenti e compensazioni nei Balcani). L’Italia, quindi, non era per niente obbligata ad entrare nel conflitto, giacché la Triplice Alleanza vincolava l’Italia ad intervenire con l’alleato austriaco solamente nel caso di una guerra difensiva, non cagionata da un membro dell’alleanza.
Il governo Salandra, dunque, rimase al momento in attesa, considerando le varie possibilità che si presentavano. I primi tempi di guerra videro vincenti folate offensive degli Imperi centrali, e non si pensava alla guerra di trincea. Il governo italiano considerò come concreto lo scenario di una vittoria delle sue alleate, Austria-Ungheria e Germania, che avrebbero poi disposto a proprio piacimento del loro alleato.
Soprattutto l’alleato austriaco ci teneva ad impedire che si completasse il Risorgimento italiano. Pur essendo solo l’1,5% della popolazione totale, i sudditi italiani subivano con sempre meno rassegnazione il giogo austriaco. Un nome vale per tutti: Nazario Sauro, che reagì ai «decreti Hohenlohe» (che obbligavano le società e gli enti pubblici locali di licenziare gli impiegati italiani che non fossero sudditi austriaci) ritagliandosi il ruolo di cospiratore/informatore.
Roma, facendosi scudo dei trattati stipulati, chiedeva, sempre e solo, Trento e Trieste, che considerava sue per diritto di nazionalità. Per questo non si può inquadrare la vicenda come semplice litigio su questioni di confine: l’Italia si sentiva presa in giro dalle continue fatue promesse austriache, mentre solo la Germania sembrava voler venire incontro alle necessità del suo alleato, per salvaguardare i suoi ingenti interessi economici.
Il governo italiano aveva come punto di partenza per ogni trattativa almeno la cessione dell’intero Trentino e di Trieste. L’ambasciatore tedesco von Bülow s’illuse che la dichiarazione di “città libera” bastasse: l’Italia doveva contentarsi del Trentino ed esigere, per Trieste, una certa autonomia e l’aumento del suo carattere nazionale. D’altra parte, in Austria si pensava che il Tirolo e l’Adriatico avevano un’importanza pari a quella che per la Germania avevano l’Alsazia e la Lorena.
Il sentimento nazionale che montava non poneva altre possibilità ai politici italiani: o la guerra o la rivoluzione. La sopravvivenza della monarchia ormai dipendeva da quei due luoghi, e le trattative con la Triplice Intesa furono avviate perché questa davatotalmente, quello che l’Italia anelava e l’Austria, parzialmenteprometteva (solo una parziale estensione nel Trentino, a guerra conclusa, e niente Trieste).
BattistiOberdanChiesaFilziRismondo e Sauro, nomi che forse suggeriscono solo piazze e strade: ma nulla di loro dev’essere perduto, affinché tutto ciò che è stato detto qui non rimanga solo inchiostro su carta. Si sono battuti e hanno lottato affinchè la Nazione potesse confluire nello Stato e trovare la sua più fulgida espressione. Pochi di loro che hanno fatto tanto per noi: non buttiamo il loro insegnamento.
di Pasquale Narciso