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Economia

49 KG DI PESCHE PER COMPRARE UNA CREMA: E' GIUSTO COSI'

Servono 6 kg di pesche italiane per pagare un caffé, 20 kg per un bitter, 49 kg per comprare una crema abbronzante. La Coldiretti Piemonte si indigna per una situazione che, indubbiamente, appare insostenibile. Mentre la grande distribuzione importa pesche dal mondo, senza qualità e senza tutele. Tutto vero, tutto giusto. Già, ma dov’era la Coldiretti in questi anni? Dov’era la più grande organizzazione agricola italiana quando i nostri ministri dell’Agricoltura facevano danni a Bruxelles, accettando i diktat che distruggevano l’agricoltura italiana? Dov’era la Coldiretti quando le grandi catene straniere della distribuzione si compravano supermercati, ipermercati, catene italiane? Troppo impegnati a stringere le mani dei ministri e degli assessori per aver tempo di prendere a schiaffi i responsabili del disastro. E l’alternativa qual è stata? Qualche mercato contadino piazzato, saltuariamente, in alcune grandi città. Ma a prezzi alineati con quelli dei negozi, della grande distribuzione. Perché i prezzi dei prodotti agricoli sono bassissimi, vergognosamente bassi, nei campi. I mediatori e la grande distribuzione pagano poco e male: tutto vero. Ma quando sono i contadini e gli allevatori a portare i loro prodotti in città, i prezzi si allineano verso l’alto, anche se la filiera si accorcia tanto da annullarsi, anche se non ci sono più intermediari o ricatti delle grandi catene.

E la truffa dei km zero? Si annunciano mercati del territorio e ci si ritrova con prodotti calabresi in Piemonte e trentini in Puglia. Per non parlare dei gruppi d’acquisto di prodotti delle campagne. La distribuzione in città viene fatta come se si trattasse di merce rubata o di spaccio di droga, in ore serali, di nascosto. E questa dovrebbe essere l’alternativa al commercio dei grandi gruppi internazionali? Mancano strategie, mancano investimenti, manca la comunicazione.

Non si può risolvere tutto con qualche piagnisteo periodico e poi tutti a pranzo con il ministro di turno o con l’assessore locale. Non ci si può eccitare per un’intervista a Mela Verde o in qualche altra trasmissione televisiva, ignorando che i problemi del settore rimangono anche se il presidente locale dell’associazione ha fatto “ciao” con la manina in tv. Non ci si può illudere che il Salone del Gusto o l’Expo di Milano sul cibo risolvano problemi strutturali che stanno distruggendo, scientificamente, il settore primario italiano.