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Editoriali

Africa: guerre e ricchezze, che vanno di pari passo

L’idea di far passare l’Africa – ancora oggi nel 2018 – come un continente retrogrado e povero in assoluto e impossibile da gestire politicamente è certamente un errore. Un’idea, questa, relativamente all’Africa, che poteva essere acquisita negli anni sessanta, quando non si conoscevano bene le verità e i segreti che riguardano il continente nero: il periodo delle colonie ha destato interesse, ma la stampa non era presente abbastanza per mettere in luce la sua ricchezza di risorse umane, di diamanti e preziosi (escludendo avorio e animali esotici), di prodotti agricoli, di preziose risorse e di materia prima. L’Africa potrebbe ripartire alla grande, se alla base ci fosse un percorso di legalità.
In Africa ci sono certamente dei limiti enormi, grandi come massicci alpini: la sanità, che non consente di arrivare all’età media di 60 anni di aspettativa di vita (noi in Europa stiamo correndo verso gli 85), la siccità che dipende dalla mancanza di leggi in fatto di inquinamento (per mezzi, fabbriche e privati stessi), in fatto di ecologia (raccolta immondizie e sversamento liquame), in fatto anche di ecologia sociale (sono pochissime le leggi in fatto di minori, di vendita di sostanze illegali chimiche o di medicinali o droghe etc..). Una zona franca che non sarebbe tale, se non ci fossero alla base le mafie internazionali (che gestiscono il traffico di esseri umani ma anche di droghe e di inquinamento e di armi).
Oltre a questo però c’è un enorme continente in fermento, con oltre 3000 linguaggi e culture, dove esistono scuole, ospedali, banche, e dove nelle metropoli la vita si svolge in stile moderno. I giovani infatti abbandonano in massa le campagne per andare nelle metropoli esattamente come hanno fatto i giovani italiani del Sud verso il Nord e del Nord periferia verso Milano o Roma e delle campagne tedesche verso le città e dalla Francia a Parigi, etc.. ma quello che manca è un sistema, una cultura sociale che pensi a come gestire le masse dei giovani, nonché quindi che gestisca la sostenibilità di questi spostamenti interni ai diversi stati da villaggio a città. Manca il welfare, di per sè.
In questo enorme continente la risorsa principale sono i giovani, che sono oltre la metà della popolazione, che non vogliono più vivere nelle campagne in quanto sognano di studiare e di avere un lavoro moderno, di essere identici agli europei e ai giapponesi, che hanno sogni e speranze. Che vogliono vivere, in pratica. Le vecchie idee non funzionano più, i riti tribali non piacciono ai ragazzi che se ne vanno: per avere soldi e per avere una vita moderna e normale.
Certo che tra i quasi 2 miliardi di persone che a vario titolo vivono in Africa, nel grandissimo continente al sud del vecchio continente europeo, la lingua più parlata è l’arabo, che si parla nelle regioni islamiche, cioè sul Mediterraneo, dove vivono solo poche migliaia di persone, in realtà, che fanno comunque da “scudo” e non accolgono nuove culture facilmente, perché la ricchezza del Mediterraneo è comunque un bene da difendere. Le città non accolgono tutti i giovani neanche nel continente, si pensi alla Nigeria, al Senegal, lo spettro della miseria è dietro l’angolo e le vie delle migrazioni internazioni restano una irresistibile tentazione per ogni giovane africano che, non trovando lavoro e futuro nelle città, tenta la via per l’Europa.
E’ alquanto arrogante e pretenzioso però pensare con presunzione e da saccente che l’Italia a prescindere possa essere migliore del Nord Africa: in realtà il problema non dipende dalle condizioni economiche italiane, presunte migliori, ma dalle leggi. Solo dalle leggi. Non è poco, ma è possibile cambiare direzione. Quindi è sulle leggi che, nei paesi del Nord Africa, serve lavorare. I suddetti paesi terzi sicuri esistono solo in relazione alla presuntuosità europea, in realtà esistono paesi che non sono sicuri perché non si è lavorato in Cooperazione internazionale in tema di diritti umani. Se il sistema che abbiamo battuto fino ad oggi non ha funzionato (siamo passati dalle colonie alle missioni religiose, alla Cooperazione alle ONG) è tempo – come bel detto dal Belgio – di tentare la via della collaborazione bilaterale con il Nord Africa.
Niger e Nigeria non a caso sono tra i paesi più popolosi, per questo è difficile trovare equilibrio per dare una dimensione umana alla demografia africana. Quindi partiamo da qui: dalla mancanza di educazione civica e semplicemente dialogo internazionale.
L’Africa ha immani risorse turistiche non sfruttate, non solo le piramidi che sono sparse in tutta l’Africa e non solo in Egitto, ma anche il mare, le sue isole, i laghi, la possibilità di enormi investimenti a scopo di studio e di ricerca naturalistica, ambientale, persino se vogliamo prettamente etnica: il continente nero offre immense risorse che non sono considerate per inettitudine e interessi politici locali, non europei.
Si pensi ad esempio alla differenza tra il modo in cui si sfrutta la scoperta di Oetzi rispetto alla scoperta dell’Australopiteco: è la mancanza di leggi e di spirito di impresa che uccide l’Africa, insieme al clima che certamente non aiuta laddove c’è il deserto (che viene tuttavia utilizzato anche come discarica di inquinanti ospitati a carissimo prezzo).
L’Africa dunque non è povera in toto, ma le migrazioni interne continentali sono poco battute perché le guerre interne (Somalia, Uganda, Nigeria, Mali) non consentono facilmente di organizzare le politiche sociali in tema di migrazione.
Il continenta Africa è in fermento e in pieno sviluppo, non a caso il terrorismo ISIS e Boko Haram hanno preso in mano le armi per cercare di mantenere il paese retrogrado e privo di mezzi di comunicazione e di libertà. Cercando di fare un cordone di guerra che impedisse la crescita e la modernizzazione del continente dove acquisire diritti e legalità significherebbe uccidere i traffici semplici di droga e di persone e ridurrebbe a zero il lavaggio del denaro sporco dei paesi ricchi, e il traffico illegale di armi.
Appoggiando il procastinare dei tempi per attaccare l’illegalità in cui l’Africa versa si possono ottenere solo due risultati: dividere in due il mondo, da una parte il nord informatizzato e controllato e economicamente avanzato e dall’altra il sud, escluso da tutto il sistema e retrogrado e generare una massa di povertà insostenibile che in flusso continuo si uccide per ridursi di numero e fugge. La politica della stasi è stata condotta dagli anni sessanta ad oggi, tanto che persino andando indietro sulla stampa possiamo vedere come sin dagli anni ’80 l’idea del Biafra e del Burundi in povertà da aiutare capeggia sulle pagine, a partire da quelle di stampo religioso.
Per questo dunque non va bene lavarsi la coscienza con la scenetta delle 13 mila o 50 mila persone portate avanti indietro in barchetta, quando in realtà questa è solo il rimasuglio del problema, cioè dare lo strappo finale a chi ha avuto abbastanza ricchezza per venire in Europa.
Il problema della povertà riguarda una piccola parte di Africa, circa 20 milioni di persone su quasi 2 miliardi di persone, per questo vale la pena affrontare le vere emergenze, che non sono i vascelli in mare.. tentativi biechi e perversi di forare lo stato di legalità che caratterizza la nostra civiltà, creando una frattura politica e culturale che divide l’Europa e che ci porta al paradosso di essere più deboli politicamente ed economicamente e quindi di non essere in grado di mettere legge alla delinquenza organizzata nord africana, che poi è l’obiettivo principale, vorrebbero essere lasciati in pace per avere la libertà di delinquere.
In foto: MALI Peacekeeper
MC

Riguardo l'autore

martinacecco

Giornalista e blogger. Collaboro con il web in rosa di Donnissima. Dirigo Secolo Trentino e Liberalcafé. Laureata in Filosofia presso l'Università degli Studi di Trento. Collaboro con un Progetto sperimentale di AI.