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Editoriali

Ifigenia: il sacrificio virginale di Patria Italia

Ifigenia finì la sua vita in Aulide o in Tauride? Fu sacrificata, infine, agli dei? Salvini porterà l’Italia nella terza Repubblica oppure no? La prima finanziaria è alle porte e già la Patria Italia viene minacciata di decapitazione. Un sacrificio virginale, come quello di Ifigenia. L’Ifigenia è un mito greco antico, parla di una divinità, che viene spesso evocato per richiamare il sacrificio virginale, poiché resta come simbolo della fanciullezza nella mitologia greca legata al passaggio a maturità della donna.
La Donna fanciulla si offre, secondo una variante del mito, spontaneamente alla morte prestando il lungo collo alla lama per morire per decapitazione. Ifigenia è tuttavia protagonista – per chi conosce Euripide – del mito in Aulide ed in Tauride, anche se il suo sacrificio è descritto anche da Lucrezio.
La Patria Italia e la III Repubblica – come Ifigenia – vengono decapitate ora, private di uno dei loro leader carismatici per un impiccio intercontinentale grave, la storia di Italia 2018, sacrificata prima che essa possa essere “sverginata” e possa salpare.
In questo periodo di storia italiana non si possono fare molte considerazioni, se non quelle ovvie: il continuo pressing, la lapidazione mediatica, il tentativo di decapitare e privare il Governo, a uno a uno, dei suoi ministri. Ecco il frutto della opposizione della defunta sinistra, che richiama alla mente, seppur con mederna tecnica, le controrivolte che si sono tenute in passato (fin dai tempi dei romani) in risposta alle rivoluzioni.
E se in Italia la rivoluzione 5 Stelle ha mosso un vento politico senza precedenti, portandosi al governo la Lega Nord, ora l’ondata di ritorno della contro-rivoluzione comporta (come nei paesi arabi è accaduto nella fantomatica primavera araba) una sommaria esecuzione pubblica. Ora per ora quindi pare che la risposta alla caduta dei leader storici e la salita al Colle di nuovi partiti di matrice promiscua abbia destato mal di pancia a vario livello, e meno male che esiste il Codice Penale, perché molte piazze inneggiano schifosamente e vergognosamente a Piazzale Loreto, minacciando il leader del Carroccio Matteo Salvini, di punizione esemplare pubblica e capitale.
A morire per pubblica pena di morte per decapitazione (come sta accadendo virtualmente a Salvini) sono stati in tanti, nella storia, molti erano scomodi, altri furono giustiziati per arretratezza dei tempi. Anche tra i famosi esistono esempi di decapitazioni spettacolari fatte a scopo politico: è il caso del fratello di Annibale, un generale africano che venne decapitato giovanissimo, nasce a Cartagine nel 245 aC e muore a Metauro 38 anni dopo.
Ha fatto questa brutta fine anche Marco Tullio Cicerone, un avvocato e oratore romano, che muore a quasi 60 anni. Tutti leggono e studiano Cicerone. 
Ma la compagnia dei decapitati in anticipo è bella folta: Maria Stuarda detta anche Elisabetta I, colpita a morte per motivi simili a quelli per cui la sinistra odierna non accetta il Governo GialloVerde, perché non se ne riconosceva la legittimità ereditaria. Anna Bolena, che era stata ritenuta colpevole di sconvolgimenti pericolosi in politica e nella chiesa, cose che oggi non toccherebbero una corda del nostro cuore, morta pure lei trentenne. Roberspierre, e questo personaggio non potremmo non ricordarcelo, il giustiziatore politico incorrutibile, giustiziato, che come Beppe Grillo era stato protagonista di una dura lotta contro il marcio della politica che lo ha portato alla decapitazione insieme ad due altri giovani deputati, Augustin Robespierre (fratello di Maximilien) e Philippe-François-Joseph Le Bas.
Ci consola però sapere che insieme a tutti questi personaggi positivi furono decapitati anche il Re Luigi XVI e Maria Antonietta. Tutto sommato c’è speranza. Il paragone lo eviterei ma Mario Monti e Elsa Fornero potrebbero essere protagonisti di una recita di tragedia, anche se pure Maria Elena Boschi e Matteo Renzi potrebbero fare tale parte, se si trattasse invece del genere commedia.
No, non oseremmo mai paragonare Matteo Salvini a Gesù (che venne per tradizione palestinese crocefisso, come accadeva ai ladri, agli straccioni e ai poveri). Questa operazione culturalmente folle è già stata fatta: ci è sufficiente il Vaticinio dei vaticanensi che si sentono sotto il clima della Inquisizione e sognano, la decapitazione di Salvini, consentendo a certa stampa di serie D(C) di paragonarlo a Satana, con un errore mastodontico culturale, di una portata assolutamente drammatica, che solo l’ISIS di questi tempi permette a se stesso di fare.
Siamo sicuri che questo clima di violenza e di sanguinario dibattito siano proprio causa di certi politici? Ne ha delle belle – ad oggi – il povero Matteo Salvini, seppure armato di Vangelo ovvero ritratto in murales in tunica e con la croce in mano: secoli di tradizione di giustizia sommaria popolare non sono semplici da affrontare, ma nel frattempo la Patria Italia, come Ifigenia, incontra la decapitazione di uno dei suoi leader carismatici portanti per entrare nella III Repubblica.
Di Martina Cecco

Riguardo l'autore

martinacecco

Giornalista e blogger. Collaboro con il web in rosa di Donnissima. Dirigo Secolo Trentino e Liberalcafé. Laureata in Filosofia presso l'Università degli Studi di Trento. Collaboro con un Progetto sperimentale di AI.