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Editoriali

La triste sfida universitaria: tra conformismo e pochezza di valori

Ricapitoliamo: qualche giorno fa, la sfida universitaria si apre tra Bocconi, Cattolica, Statale e Politecnico di Milano. Poi la cerchia dei partecipanti si allarga e arriva a comprendere anche altre Università della penisola, tra cui Trento, Lecco e L’Aquila. Ai concorrenti non è richiesta alcuna abilità logica o cognitiva, l’importante è possedere un generoso decolletè e un bel culo; e che nessuno pensi alla solita trovata maschilista per avere immagini pronte da “utilizzare” senza accedere a siti porno: a difendere la parità di genere, tra i partecipanti spiccano anche uomini bramosi di mostrare al Web addominali scolpiti e petti villosi.
L’iniziativa è partita dalle pagine “Spotted” delle Università, le quali hanno voluto aggiungere un nuovo indicatore per testare la loro già nota validità. L’idea non è stata accolta da tutti allo stesso modo, provocando uno spartiacque tra gli stessi studenti; “Questa pagina sta diventando meglio di youporn”: si legge sotto la foto di un  fondoschiena firmato “I love Catt”. “Ma io spero che ve le revochino le lauree” commenta un ragazzo sotto un artistico collage di decolletè. “Poi vi lamentate quando associano il nome della nostra Università a quello di Sara Tommasi..Che vergogna!” è il lamento per due capezzoli coperti di panna montata firmati “Bocconi”.
Scorrendo la pagina, le donne battono gli uomini con un numero maggiore di foto postate, avendo accolto generosamente la sfida a schierarsi a favore della propria Università. Nessuno vuole negare l’ironia dell’idea, anche perché sarebbe da bigotti scandalizzarsi per un paio di tette nel 2016. Quel che appare inconcepibile ai più, però, è il motivo di tale gesto: l’Università non è un’agenzia di moda né una compagnia pubblicitaria. L’unica cosa che dovrebbe sponsorizzare e promuovere è il cervello dei suoi studenti. Perché, allora, concorrerne per la qualità mostrandosi come mamma t’ha fatto?
L’omologazione e il conformismo sono nemici di un cervello funzionante, che è proprio ciò su cui l’Università dovrebbe lavorare. Scegliendo un tema simile, invece, non si è fatto altro che uniformarsi alla massa ignorante che sbava davanti ad un davanzale prorompente o ad un lembo dei boxer. Il giudizio non deriva da alcun moralismo, bensì da una triste realtà che ritrae una società “critica” non nel senso sperato.
In un momento come questo, in cui gli universitari italiani si ritrovano continuamente penalizzati dal mercato del lavoro, con un tasso di disoccupazione giovanile tra i più alti in Europa, che immagine si vuole dare delle proprie capacità acquisite nel percorso di studi? “L’Università non serve a niente” è la frase da bar più ricorrente e sono simili iniziative ad avvalorarne le tesi e a dare un’immagine contortadegli universitari.
Sono gli stessi amministratori della pagina “Spotted: Bocconi Milano” a scrivere: “Per tutti noi che, risucchiati dalla sessione d’esami, abbiamo bisogno di relax a fine serata: #‎USCITELE !!!”, manco le loro compagne fossero fenomeni da baraccone. C’è chi la definisce “un’americanata da college”, ma è davvero triste guadagnarsi la copertina di un giornale per una simile trovata. Il Web ha distrutto le barriere e accorciato le distanze, ma ha anche cancellato il limite oltre cui c’è l’eccesso. Chissà se tutte coloro che hanno aderito all’iniziativa non sono le prime ad indignarsi con “Non guardarmi le tette!” ad un appuntamento dal vivo, quello dove non c’è l’anonimo.
Forse l’obiettivo era passare alla storia o semplicemente farsi una risata: vero è che l’uomo non manca mai di mostrare la sua natura animalesca e, come sempre, usa il corpo per stupire, mai il cervello. Per quanto ognuno sia libero e responsabile delle proprie azioni, sono inevitabili i commenti sessisti, dato il basso valore della causa:”Perdere la sfida ‘miglior canile d’Italia’ mi sembra più che altro motivo di vanto..#andateadabbaiareallacattolica” è il commento sotto la classifica delle diverse Università e a postarlo è proprio una ragazza.
Sempre nella pagina, gli amministratori ammoniscono:”Non prendiamoci troppo sul serio, perché saremo pure futuri dirigenti d’azienda ma per essere seri abbiamo una vita intera”. Purtroppo per loro, è quasi finito il tempo del “siamo giovani, lasciateci divertire” e qualcuno farebbe meglio ad approfittarne, visto che, dietro le tette, sembrerebbe esserci il vuoto.
di Antonella Gioia